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1912/2012 - Barentù (Eritrea)



Cento anni di evangelizzazione del popolo Cunama


Cari amici e benefattori,
nel 1911 giungeva ad Asmara, Eritrea, un frate cappuccino missionario, Mons. Camillo Carrara, come titolare del Vicariato Apostolico appena eretto. Lo accompagnava un piccolo gruppo di giovani confratelli cappuccini lombardi. Il primo atto del nuovo vescovo fu quello di compiere nell’aprile 1912 una lunga e minuziosa visita pastorale a tutto il territorio. Quell’esperienza mise Mons. Carrara a contatto con una popolazione che, unica nel panorama etnico-culturale eritreo, non era ancora raggiunta dal Vangelo ed era stata solo marginalmente sfiorata dall’Islam: il popolo cunama. Intuì che quel terreno andava immediatamente arato e dissodato, e si mise all’opera impegnandovi i suoi migliori uomini: Egidio da Verano, Diego da Castelcellesi, Pio da bergamo, e alcuni stupendi fratelli laici. L’opera non fu né facile, né semplice, e le difficoltà ambientali, politiche e psicologiche, colossali. Ma l’ora della grazia arrivò, e arrivò dopo otto lunghi e difficilissimi anni di attesa con la conversione di un anziano signore cunama. Il suo esempio fu seguito, in poche settimane, da altre famiglie e da altri villaggi, con un effetto a catena. Erano gli inizi di quel cammino che avrebbe portato nel 1995 all’erezione, nella regione del Gash-Barka, di una fiorente diocesi: l’Eparchia di Barentù, con Mons. Luca Milesi come primo vescovo (cappuccino).

Chi scrive, primo successore di Mons. Luca, è originario di uno di quei villaggi che i missionari cappuccini portarono alla fonte battesimale. Nel momento in cui, con tutta la comunità ecclesiale diocesana, commemoriamo i cent’anni di quell’evento, ci fermiamo un momento per chiederci: che cosa ha reso così feconda la testimonianza, così fruttuosa l’opera, così duraturo il messaggio di quegli araldi del Vangelo? Non solo il loro dinamismo, che fu grande, non solo le loro capacità organizzative, che furono notevoli, e non certo i loro mezzi che erano invece pochi e poveri. Fu la profondità della loro fede in Gesù Cristo, il dono più prezioso che essi recavano con sé per il popolo che desideravano rigenerare nella fede. Fu la loro passione per i poveri, l’intrepido coraggio profetico del loro annuncio, la semplicità e la minorità francescana della loro vita. Per non essere impari alle nostre responsabilità in quanto eredi della loro opera, per noi non c’è di meglio che raccogliere l’ammonizione della lettera agli Ebrei: “Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunziato la parola di Dio; considerando attentamente l’esito del loro tenore di vita, imitatene la fede. Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre”  (13,7-9a). La situazione è cambiata molto da allora, i problemi da affrontare sono diversi, le sfide del tutto nuove ed inedite, ma la risposta ai problemi più profondi dei singoli e della socità è sempre la stessa: Gesù Cristo, Signore e Redentore dell’uomo.

Queste mie brevi parole intendono rendere omaggio non solo a quel gruppo di missionari, ma anche alla comunità di credenti che, dall’Italia, per decenni ne sostenne a distanza la fede, e ne condivise la fatica e i sacrifici. Ma intendono rendere omaggio anche a voi - amici e benefattori de Il Seme della Speranza o.n.l.u.s. - per l’impegno, l’entusiasmo e la gioia con cui oggi continuate a mantenere viva quella tradizione e quell’impegno. Quanto più voi sarete una comunità viva, impegnata, credente, orante, tanto più noi missionari avremo la forza e il coraggio nell’annunciare la fede.

Amici, la memoria della storia già trascorsa è, per tutti, impegno e profezia: impegno a non disperdere cent’anni di fatica apostolica, e apertura ai disegni che Dio riserva, e rimette nelle nostre mani, per il presente e il futuro della Chiesa in Africa.

L’ordinazione dei due sacerdoti Cunama da me celebrata in gennaio, è la testimonianza che la Chiesa Africana ha ancora molti frutti da poter offrire.

                                                                                                                   Abune Thomas Osman ofm cap.
                                                                                                                      Vescovo Eparca di Barentù

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