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Lebbrosario di S. Antonio

Il lebbrosario di S. Antonio ad Harar



Conosciamo


        il Lebbrosario


                di S. Antonio

 



La città di Harar.

Suor Irene Gervasoni

Harar é una città che si trova nella parte orientale dell'Etiopia, nell'odierna regione dell'Harari. E' situata sulla cima di un monte ad un'altezza di 1.885 metri sul livello del mare, nella parte orientale dell'altopiano etiopico, a circa 500 chilometri dalla capitale Addis Abeba. Il Vicariato di Harar, legato alla storia dell'evangelizzazione e alla presenza francescana in Etiopia, si estende su una superficie di 260.000 chilometri quadrati e la popolazione, raddoppiata nel giro di pochi anni, é di 10 milioni di persone, per la maggior parte giovani senza un impiego che soffrono la fame. Il 29 Maggio 2016 a Dire Dawa, padre Angelo Pagano o.f.m. è stato consacrato Vescovo e Vicario Apostolico di Harar.

 

Conosciamo il Lebbrosario di S. Antonio.

Suor Irene con un malato

La lebbra, che nell'occidente é stata debellata da secoli, é ancora diffusa tra i poveri dei paesi sottosviluppati, che di conseguenza hanno anche maggior difficoltà nell'accedere alle cure. Nell'area della Missione delle Suore Cappuccine di Madre Rubatto, gran parte della popolazione e soprattutto i malati di lebbra, vivono una costante situazione di vulnerabilità e di esclusione sociale, che genera ulteriore sofferenza e povertà. Le Suore Cappuccine, svolgono una pastorale socio-sanitaria e catechetica, rivolta in particolare agli anziani e disabili. Nella struttura messa a disposizione dal Vicariato, Suor Irene Gervasoni gestisce il piccolo lebbrosario. Frate Aklilu di lei dice: "quella donna é una Santa, una bergamasca tutta d'un pezzo".
Questo progetto é rivolto a donne e uomini, provenienti spesso da villaggi sperduti, o anziani soli e ammalati, che vivendo in situazioni di povertà e indigenza, contraggono la lebbra. Questa malattia colpisce ancora una persona ogni tre minuti, più di 200.000 persone nel mondo, inclusi 15.000 bambini. Se non trattata in tempo, provoca paralisi e mutilazioni degli arti, oltre a danni agli occhi, che possono portare alla cecità. 

 

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