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Blowin in the wind






Blowin' in the wind







Leggendo gli scritti di don Valentino Salvoldi, mi sono imbattuta in questa lettera che parla di una canzone cantata e ricantata tante volte ai tempi della mia giovinezza in oratorio e anche con grande emozione, ultimamente durante una funzione religiosa. Una canzone bellissima che invito tutti a riascoltare ed ad interpretare come don Valentino ci consiglia di fare.

                                                                                                                                                                Tiziana

Cari Amici,
purtroppo dobbiamo constatare ogni giorno che “il mondo” per sua natura pone la sua speranza nelle cose fallaci ed effimere, come la ricchezza, il potere e il piacere, e di conseguenza ne resta inevitabilmente deluso, e quindi si dispera. Disperandosi, non ha la sapienza di cercare la speranza dove c’è, ma agisce rabbiosamente per far disperare più persone che può.

Anche noi che cerchiamo di seguire la Buona novella siamo tentati dal “mondo” e dalle sue sirene, anche noi cadiamo nell’errore, ed è per questo che ogni volta che celebriamo la Messa dobbiamo chiedere perdono a Dio, e ai fratelli, per i nostri peccati. Ma non ci lasciamo tentare dalla disperazione perchè abbiamo la Via, la Verità, la Vita. E abbiamo mille indicazioni ed esempi che ci dicono che possiamo trovare un percorso verso la salvezza. Possiamo ispirarci a tante grandi figure della cristianità, ma anche di altre religioni, o di non credenti, o alle molte donne e ai molti uomini che sono in ricerca autentica e sofferta della verità. Sono molti che ci propongono motivi di forte speranza per il futuro.

Noi continuiamo a guardare tutte le vicende del pianeta nella prospettiva della fede e con occhi di speranza, e per questo voglio proporvi una riflessione su una grande canzone di Bob Dylan, “Blowin’ in the wind”, che noi e milioni di giovani abbiamo tante volte cantato. Ve la voglio riproporre nel suo significato vero, perchè era un canto pieno di speranza e ricerca, ma in Italia è stato presentato con significato opposto: desidero riproporvi anche qui la prospettiva della speranza. Riprendo gli articoli comparsi su “Avvenire”, perché d’ora in poi possiamo cantare anche noi questa canzone come viene cantata nel resto del mondo. Il ritornello della canzone è stato tradotto in italiano: “Risposta non c’è, o forse chi lo sa, caduta nel vento sarà”, che è un urlo nichilista e disperato, che significa: “inutile affannarsi, gente, tanto, non c’è speranza”. E invece il testo di Bob Dylan è: “The answer, my friend, is blowin’ in the wind” che è totalmente altra cosa, e cioè: “La risposta, amico mio, sta soffiando nel vento”. Che secondo me richiama il biblico invito del Padre al suo popolo: “Shemà, Israel”, “Ascolta, Israele”. Ed è bellissimo perché invita ciascuno a farsi partecipe attivo, e per questo la canzone di Dylan invita innanzitutto a porsi in ascolto. Ascolto che non è di una lezione a chiare lettere, ma è ascolto di un discorso trasportato dal vento.

Occorre concentrarsi, allontanarsi dal frastuono quotidiano, fare la fatica di captare le note di verità: ci vuole testa, cuore, pazienza, raccoglimento e approfondimento. Dylan non è arrabbiato col mondo e infatti dice “My friend”, amico, fratello. E pone domande radicali: quanto dovrà camminare, affannarsi, e tribolare un uomo prima di potersi dire veramente uomo, ossia scoprire la verità su se stesso e comprendere il suo posto e la sua missione nel mondo? E il ritornello sembra un’invocazione allo Spirito Santo. Bob dice che il modo migliore di rispondere a certe domande è cominciare a porsele insieme: “Quante strade deve percorrere un uomo….Quanti mari deve superare una colomba….Quanto tempo dovranno volare le palle di cannone…?”. Bob, che era esplicitamente senza un credo, era altrettanto esplicitamente alla ricerca di valori. È vero che ha detto: ” Non capisco cosa attragga le persone in Cristo”, ma anche: “Quanto Egli dice ne fa leader senza tempo”.

Certo se Dylan fosse stato nichilista o relativista innanzitutto non si sarebbe neppure posto domande esistenziali. La sua risposta resta aperta perché mette in gioco correttamente il proprio ruolo d’artista, e cioè stimola e non predica. Ascoltare, dunque, e poi riflettere, e meglio riflettere insieme che da soli, isolati nell’individualismo. E da un ascolto profondo verrà la comprensione profonda innanzitutto dell’essenza interiore d’ogni uomo, e poi della dimensione comunitaria, con l’impegno che essa richiede a ciascuno. Il futuro aspetta il nostro contributo per far germogliare altri semi di giustizia e di pace.

                                                                                                                                                                  Don Valentino Salvoldi

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