Giuseppe in Etiopia

Giuseppe dal
Sud dell'Etiopia



Appunti di missione - 6

Rientro a Jimma



Rientrato a Jimma dopo quattro giorni passati nella regione del Kafa.

Ci vorrà tempo per rielaborare l'esperienza, che più di missione, è stata una vera e propria esperienza da esploratore.

Dura arrivarci (più di 6 ore di cammino a piedi ed a cavallo, su mulattiere scoscese e fangose, per arrivare a Dekkia (? villaggio che non troverete su nessuna mappa), durissima permanervi, dura rientrare a Bonga (la cittadina piu' vicina... questa la troverete sulle mappe...), un'esperienza che per i nostri canoni occidentali, si definirebbe estrema.

Arrivare a Dekkia è come raggiungere una Machu Picchu esistente, ancora in vita, abitata da una comunità che vive in stato primordiale, la cui alimentazione è esclusivamente composta da teff, con cui producono injera ed una specie di birra, caffè, miglio, granoturco, frumento, orzo, fave, uova e carne solamente due-tre volte l'anno, nelle ricorrenze festive.

Vivono di pastorizia e di agricoltura, barattando quello che producono.

Non c'è energia elettrica, non c'è acqua corrente, non conoscono le telecomunicazioni, non hanno telefoni, internet non sanno nemmeno cosa sia.

L'unico supporto lo fornisce la chiesa cattolica, con un sacerdote locale che celebra messa nella Chiesa, e prova, come una goccia nell'oceano, a sostenere quella comunità poverissima.

Si ammalano frequentemente di malattie alla pelle, ma non muoiono di fame, tanto meno di tumore.

Le donne partoriscono mediamente 9-10 figli.

Mortalità alla nascita molto alta, in tutta l'area (grande come tutta la provincia di Milano, o forse più) c'è una sola clinica di un ONG Svizzera che (ovviamente) non ha personale in loco.

Nelle comunità c'è violenza, e molti abusi sulle donne, ma sicuramente appare come una  società molto meno squilibrata, rispetto ad altre realtà dove la sperequazione estrema tra ricchi e poveri causa molta più violenza.

Impossibile che un'occidentale possa rimanervi in quella zona, se non per brevi periodi.

Chi nasce nei conforti occidentali, lì, in quell'ambiente, risulta essere un corpo estraneo, che viene espulso facilmente.

C'è una natura selvaggia, straordinariamente bella e vergine.

Ed ho visto il più bel cielo stellato della mia vita.

Sulla strada verso Bonga, io ed il sacerdote, siamo stati fermati da un'uomo che credendo fossi un medico, chiedeva soccorso, invitandoci ad entrare nella sua capanna: sua moglie era morta di parto, il piccolo era ancora vivo, ma non abbiamo potuto far niente per lui. Troppo lontana la strada asfaltata dove avevamo lasciato il fuoristrada (avevamo almeno ancora 4 ore di cammino), troppo lontana la clinica...

Alla vista del fuoristrada e dell'asfalto, quindi del ritorno alla civiltà, ero euforico.

Sulla strada del rientro un'altro padre ci chiedeva soccorso per il figlio, probabilmente ammalato di malaria. Li abbiamo caricati e lasciati davanti all'"ospedale" di Bonga.

Forse dovremmo rivedere alcune facili illusioni sul primitivismo, essere fuori completamente dalla civiltà è un male.

Jimma, che pure è una città poverissima, ed a rischio islamismo (il Wahabismo con i petroldollari dei paesi del Golfo cresce enormemente) mi sembra ora una cittadina confortevole.

Confortevole fare la doccia con un filino d'acqua, confortevole navigare in internet con una connessione lentissima, confortevole avere la corrente elettrica, che pure ogni tanto,manca.

Stanco fisicamente, ma pienamente energico nel fisico e nell'anima, con una "tintarella" da far invidia ai turisti dei miglior villaggi, e carico di miele e caffè naturalissimi e squisiti.

Giuseppe Luca

Guarda qui sotto alcune immagini inviateci da Giuseppe:
 

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