Un paio di scarpette rosse


 

Beati i miti o beati i furbi?

  

Cercando di vivere da cristiani si può passare per persone prive di carattere, deboli, stupide. Quelli di cui il mondo ha un’alta considerazione sono i forti, i potenti, i violenti, i furbi, gli arroganti.

La via del successo che ci viene additata ha come riferimento il potere e l’apparire.

A volte un atteggiamento arrogante lo si riscontra anche tra quei cristiani che vorrebbero imporre il loro punto di vista con la forza, almeno nei toni.

Tra le beatitudini evangeliche, carta di identità del cristiano, troviamo però anche questa: “Beati i miti, perché avranno in eredità la terra” (Matteo 5,5).

La mitezza di cui parla la beatitudine non è altro che quell’aspetto dell’umiltà che si manifesta nell’affabilità messa in atto nei rapporti con il prossimo. Tale mitezza trova il suo perfetto modello in Gesù, mite e umile di cuore.

Mitezza significa non scegliere mai la violenza, l’odio, la sopraffazione, l’arroganza.

Pensiamoci: in fondo l’arrogante, il violento e il superbo sono davvero felici?

A noi cristiani è dato il compito di imitare Gesù mite e umile di cuore per indicare al mondo la via della vera gioia per la costruzione di un mondo migliore.

E’ un punto di arrivo, un cammino da percorrere. Bisogna però iniziare, perché il cristianesimo, come ha detto di recente papa Francesco, è “una religione pratica”.
                                                                                                 (Da “In dialogo con don Antonio/ Credere n. 26)

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