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APPUNTI di VIAGGIO

Angela e Marco in Etiopia

Volontari in missione - Novembre 2014


 

L'esperienza in Etiopia

di Angela e Marco



 

"C'è una cosa che si può trovare in un unico luogo al mondo,

è un grande tesoro,

lo si può chiamare il compimento dell'esistenza.

E il luogo in cui si trova questo tesoro

é il luogo in cui ci si trova"

da 'Il cammino dell'uomo', - Martin Buber

 

Tutto è cominciato con il nostro matrimonio.

Per vari aspetti organizzativi avevamo deciso di collaborare con il centro dei Missionari Cappuccini di Milano, sostenendo con gioia i loro progetti di missione.

Successivamente siamo venuti a conoscenza dei loro incontri di preghiera e di formazione, che aiutano a capire se si desidera vivere un’esperienza di volontariato nelle loro missioni.

Inizialmente abbiamo partecipato a questi incontri un po’ per curiosità... curiosità che poi si è trasformata in desiderio di partire... e desiderio che, sostenuto da un disegno più grande di noi, è diventato realtà!

E così eccoci arrivati in Etiopia, novembre 2014, ospiti della missione dei frati cappuccini di Konto.

Rendendoci disponibili a fare ciò che ci sarebbe stato chiesto, siamo subito al seguito di alcuni missionari locali e, visitando varie realtà, ci rendiamo conto che l’impatto è molto forte.

Quello che ci richiede una fatica maggiore non è tanto l’adattamento pratico (con annesso qualche problemino di acqua ed elettricità), ma piuttosto il saper accogliere una cultura diversa dalla nostra, sotto vari aspetti ma, soprattutto, per quanto riguarda la considerazione della donna nelle realtà più rurali.

E proprio quando le domande aumentano e sembrano senza risposte, abbiamo la fortuna di incontrare persone con un cuore davvero grande.

Con loro visitiamo le scuole presenti in due missioni: la scuola superiore nella missione di Dubbo, dove attualmente ci sono dei lavori in corso per la costruzione di nuove aule, la scuola di arti e mestieri e la scuola femminile dell’ 'Abba Pascal Center' nella missione di Konto.

Sempre a Konto, visitiamo anche una casa famiglia per bambine abbandonate che frequentano la scuola e il progetto di un nuovo panificio volto a sostenere lo sviluppo lavorativo per le donne.

Ma il tesoro più prezioso che abbiamo trovato è l’incontro con i bambini dell’Etiopia.

I bambini che incontriamo lungo i viaggi da una missione all’altra, che con simpatia ci chiamano "ferenji" (stranieri) e che, quando ci vedono sulla macchina con il missionario, ci raggiungono urlando 'Abba’' e ci chiedono bottigliette di plastica vuote per poter portare l’acqua all’asilo.

I bambini del Dawro Konta, che sono vestiti con quelli che noi chiamiamo ‘straccetti’ e che fanno tanta strada a piedi, anche senza scarpe, per partecipare alla S. Messa della domenica.

Li incontriamo fuori dalla chiesa, dopo la nostra prima S. Messa africana, e con loro è difficile dialogare perché non parlano inglese... ma riempiono quel silenzio con lunghi sguardi curiosi, che un po’ ci studiano, e sorrisi che ci accolgono a braccia aperte.

I bambini della scuola materna di Shanto, che hanno la divisa blu cielo e che arrivano da villaggi dove le famiglie lottano per la sopravvivenza e che, frequentando la scuola materna, hanno la possibilità di avere un pasto giornaliero.

I bambini della scuola materna di Konto, con cui condividiamo la maggior parte del nostro tempo, e che ci chiamano ‘teacher'. Noi siamo infatti di aiuto alle loro insegnanti durante le attività di inglese, matematica e disegno e, ogni volta che arriviamo, ci accolgono con affettuose canzoncine di benvenuto in inglese. Ma la nostra presenza a volte li distrae e, quando passiamo in mezzo a loro, preferiscono provare in tutti i modi a stabilire un contatto, toccandoci con la gamba o con il piede, piuttosto che concentrarsi sull’attività che stanno svolgendo!

Non mancano i momenti di gioco all’aria aperta, in cui mentre tentiamo di radunarli per organizzare un gioco, loro preferiscono toccare i nostri capelli e la nostra pelle, per loro così strani, e non smettere di tenerci per mano.

E rileggendo questi nostri pensieri, siamo pieni di gratitudine... per aver ricevuto in Dono questa esperienza di missione e per aver incontrato persone davvero generose, testimoni di Speranza e di quel Bene che c’è, anche se non sempre fa rumore.

Grazie al centro dei Missionari Cappuccini di Milano che ci ha dato modo di vivere questa bellissima esperienza; grazie ad Enrico e Tiziana dell’associazione “Il Seme della Speranza” che abbiamo conosciuto prima di partire, disponibili per i nostri dubbi e domande, e che ci hanno presentato i progetti missionari da loro seguiti; grazie a fr. Aklilu, Antonio e Lina, Almaz e Tigist (le maestre della nostra classe alla scuola materna), sr. Francisca, Abba Pacifico, Abba Gino, Abba Demissie e tutti gli altri missionari cappuccini, che hanno custodito sia i nostri stupori di fronte alla bellezza incontrata nelle cose più semplici, sia le nostre difficoltà nel comprendere alcuni aspetti culturali, e che con la loro testimonianza ci hanno aiutato a conoscere più da vicino la vita di missione.

Che Dio vi benedica e vi custodisca!

Angela e Marco

Foto ricordo dopo una partita di pallone

Volontari in missione
Madagascar 1985 e 1987




Ricordi di Ivano

volontario in Madagascar


Raccontare le mie esperienze missionarie non è facile. Sono passati molti anni dal primo viaggio, le emozioni di allora non le posso descrivere, le ho vissute, ma non saprei come spiegare quello che all'epoca avevo provato.

Sono cresciuto in oratorio, sempre a contatto con gente che ogni anno partiva per portare aiuto alle popolazioni africane. Vedevo il loro entusiasmo e quindi, perché non provare?

Il primo viaggio è avvenuto nel 1985 in Madagascar, con un pò di timore e un pò di paura perché, non essendo mai stato in un paese così lontano, non sapevo quello che avrei trovato e quello che mi aspettava. Mi ricordo i vari colori, della terra rossa, di tutti quei bambini che, nonostante non avessero niente, sorridevano sempre.
Passare un mese in Madagascar è stato molto pesante, ma l'entusiasmo che ogni giorno cresceva in noi, ci ha fatto superare anche i momenti più difficili.
Certo per essere stato il primo viaggio missionario, non era andato poi così male.

E' vero, la seconda esperienza, nel 1987, è stata più bella, più interessante, dovevamo costruire un acquedotto, vivevamo in un villaggio e quindi, eravamo più a contatto con la gente del posto. Gente che, come ho già detto prima, sorrideva sempre.

Alla domenica, dopo una settimana di duro lavoro, giornata di riposo; Andavamo a Messa, che durava dalle due ore alle due ore e mezza. Nessuno si lamentava, nessuno dormiva, perché la messa era troppo lunga, anzi.

I giorni passavano veloci, ma la voglia di rimanere ancora in mezzo alla gente malgascia cresceva sempre più, ma purtroppo, bisognava ritornare a casa.

Le mie esperienze missionarie sono state queste, non saprei dire se ci sarà un’altra volta, di certo posso dire che, anche se in maniera diversa, aiuterò le persone in mille altri modi, perché è bello sentirsi dire: “GRAZIE PER QUELLO CHE FATE”.

                                                                                                                             Ivano


Bimbi sorridenti sull'uscio della loro capanna nei pressi di Boditti

Volontari in missione - 1/23 Agosto 2011


Resoconto di Enrico e Tiziana

per la rivista 'Missionari Cappuccini'



Ogni anno, il Centro Missionario dei Frati Cappuccini di Milano Musocco, chiede a coloro che hanno vissuto l'esperienza di volontariato in missione, di redigere un resoconto da pubblicare sulla rivista 'Missionari Cappuccini'.
Non è facile riassumere in poche pagine il vissuto di un'esperienza importante e significativa, come quella vissuta da Enrico e Tiziana in Etiopia, ma loro ci hanno provato e qui di seguito, potete leggere il risultato del loro lavoro:

"Quando, assieme a mia moglie, abbiamo deciso di partecipare al corso di formazione per volontari in missione, non avevamo intenzione di partire, ma solo di saperne di più, di approfondire le nostre conoscenze in materia.

 È successo però, che dopo i primi incontri, ci si è accesa dentro una fiammella, che è progressivamente aumentata, fino a diventare un vero e proprio incendio, che ci ha letteralmente “obbligati” alla partenza.

 Quando pensavo all’esperienza che avremmo vissuto, le paure erano tante, e quando mi chiedevo: “Ma perché vuoi andare laggiù, perché rischiare di ammalarti, con tutte le malattie che ci sono in quei luoghi?”, non riuscivo a darmi una risposta logica, sentivo però che dovevo andare, perché là avrei trovato la mia risposta.

 Alla fine, quando abbiamo deciso di partire, grazie anche a una combinazione di eventi che hanno reso possibile l’impossibile (ferie al lavoro, ecc.), ho capito che non eravamo stati noi a prendere questa decisione,

era il Signore che ci aveva scelto!

E così, il 1° di agosto del 2011, siamo atterrati ad Addis Abeba per una nuova esperienza della nostra vita, una delle più belle. Ad aspettarci Frate Aklilu, il nostro referente, con cui è nato da subito un bellissimo rapporto, che è continuato oltre il termine di questa esperienza e dura tutt’ora, ormai cementato da collaborazione, amicizia e stima reciproca.

Ad Addis Abeba siamo rimasti qualche giorno, e abbiamo subito capito quanto quella realtà fosse diversa dalla nostra. La città è caotica, molto inquinata, e la povertà è visibile ovunque, non c’è bisogno di spingersi nei sobborghi per vederla. Visitando la città, sono rimasto molto colpito dalle impalcature per la costruzione degli edifici, tutte realizzate con tronchi di eucalipto, delle autentiche opere d’arte, ma un vero disastro in quanto a sicurezza. Incredibile veder innalzare moderni palazzi di vetro, con impalcature di questo genere! Mi ha colpito anche vedere diverse mucche sdraiate sullo spartitraffico di strade cittadine molto trafficate, macchine da tutte le parti, rumore, inquinamento e loro lì, tranquille a ruminare, perché pare che in quella situazione, i parassiti le tormentino di meno. Insomma, un altro mondo.

Dopo alcuni giorni siamo partiti per il Sud e appena fuori dalla grande città, abbiamo cominciato a vedere la vera Etiopia, quella della natura rigogliosa e dei villaggi di capanne. In effetti, al Sud, le case in muratura si vedono solo nelle cittadine più grandi, mentre la norma sono i villaggi di capanne e di case costruite con una struttura di legno rivestita con fango misto a paglia, la cosiddetta “cica”.

Prima di partire, mi chiedevo perché coprire i 350 chilometri di strada fra Addis Abeba e Soddo, richiedesse tanto tempo (circa cinque ore), e pensavo che fosse dovuto alla qualità delle strade. In realtà, la strada per il Sud è bella, asfaltata e ampia, il problema è l’affollamento: persone che si spostano con animali, carretti, e la strada è loro, non si spostano, sono le macchine che devono rallentare e aspettare il momento opportuno per passare oltre! Quando si esce da Addis Abeba, le automobili sono davvero poche, la gente non può permettersele, e quelle poche che si vedono, sono generalmente del governo, delle varie organizzazioni presenti sul luogo e delle missioni.

Il paesaggio è di una bellezza da togliere il fiato, ondulato, verdissimo, forse perché ci si trova in quota (sempre oltre i 2000 metri) o anche perché siamo arrivati nel periodo delle piogge, ma l’africa non me la aspettavo proprio così verde e rigogliosa.

Al termine del viaggio, lungo ma davvero interessante, abbiamo raggiunto la città di Soddo, capoluogo della provincia del Wolaita, dove si trova la missione di Konto, la nostra destinazione finale.

Nel vedere la missione siamo rimasti a bocca aperta: grande, ben tenuta, organizzata, non ci aspettavamo una struttura di questo tipo. All’interno sono presenti l’Abba Pascal Girl’s School, la scuola femminile, ampliata di recente e frequentata da più di 800 ragazze, la scuola materna gestita dalle suore, la scuola di arti e mestieri, la zona produttiva, la casa dei frati e una bella chiesa. Ogni giorno nella missione, entrano ed escono circa 1000 persone.

Durante la nostra permanenza le scuole erano chiuse, quindi la missione era semi deserta, risultava attiva solo la zona produttiva. Abbiamo subito rotto il ghiaccio con le ragazze della squadra di calcio, che anche ad agosto frequentano la missione per gli allenamenti e da quel momento, con loro è nato un rapporto bellissimo. Con alcune, ancora oggi a distanza di mesi, ci teniamo in contatto scrivendoci periodiche lettere.

La nostra esperienza in missione può essere divisa in due periodi: il primo legato alla missione di Konto, il secondo a quella di Dubbo, situata a trentacinque chilometri di distanza.

Nel primo periodo, oltre ad eseguire qualche attività di manutenzione all’interno della missione, abbiamo avuto la possibilità di visitare diverse missioni della zona, riuscendo così a farci un’idea piuttosto chiara del contesto in cui ci muovevamo. Konto è nella provincia del Wolaita, ma ci siamo spinti fino alle missioni delle provincie adiacenti, cioè Hadija, Kambatta e Dawro-Konta, quest’ultima al di là del fiume Omo, una zona selvaggia e bellissima.

Visitare le missioni, ci ha fatto capire quanto queste siano importanti per la gente. Missione significa cibo, acqua pulita, scuola e assistenza sanitaria. Non a caso quasi ovunque, nel tempo, accanto alle missioni sono sorti paesi e villaggi. Vivere nelle vicinanze di una missione significa a volte, la differenza fra il vivere e il morire. Non oso pensare a come potrebbe essere questo paese, senza la presenza delle missioni.

Ho visto tante cose che mi hanno colpito, ma sono rimasto particolarmente impressionato dai bambini denutriti, presenti in un padiglione del piccolo ospedale della missione di Taza. Facendo volontariato pro missioni da diversi anni, ero informato di queste situazioni, ma quando me li sono trovati di fronte, sono rimasto davvero senza parole, letteralmente impietrito. Ho provato dolore e commozione, quando mi sono trovato a tu per tu con uno di loro, che mi fissava, con il volto inespressivo, le gambe gonfie, senza la forza di compiere il benché minimo movimento.

Abbiamo conosciuto tanti missionari, frati e suore, di uno spessore morale fuori della norma. Guidati dall’amore per il prossimo e da una grande determinazione, sono riusciti a fare l’impossibile, a cambiare la vita di tanta gente. Ascoltare i racconti delle loro vite dedicate agli altri, è stato bellissimo, saremmo rimasti ad ascoltarli per ore. Se in Africa negli ultimi quaranta anni molte cose sono cambiate, è certamente per gran parte merito loro. Spesso, durante le mie giornate, ripenso a queste persone stupende, alla loro semplicità e umiltà, e penso che loro debbano essere il mio esempio, l’esempio che deve guidarmi anche quando sono qui nel mio paese, in una società difficile, corrotta, in cui la morale è un bene in estinzione, in cui conta solo l’apparire e non l’essere.

Il secondo periodo è nato per una casualità. Con fra Maurizio, esperto manutentore della missione di Konto, ci siamo recati all’ospedale di Dubbo per risolvere un problema a un pozzo. Avendo sistemato velocemente il guasto, fra Maurizio ci ha proposto di visitare l’orfanotrofio della missione, gestito dalle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù. Quella visita inaspettata, cui non eravamo preparati, ci ha colpito profondamente. Credo che la tempesta emotiva che ci ha colpito, al contatto con quei bambini abbandonati, sia stata dovuta al fatto che nel 2003 abbiamo perso nostra figlia, dopo soli due giorni di vita.

Non dimenticherò mai, perché è stato un momento davvero unico, quando, appena entrato nell’orfanotrofio, mentre salutavo i bimbi presenti, una di loro che era seduta davanti a me, si è girata, mi ha guardato con un viso sorridente ma velato di tristezza, e mi ha fatto segno con le braccia di prenderla in braccio. Per tutta la durata della visita, è rimasta accoccolata fra le mie braccia, aveva bisogno d’amore, voleva darmi il suo amore. Quella bimba, di nome Burtukan, in quel momento mi aveva scelto come papà, come avrei poi constatato nei giorni successivi.

Rientrati a Konto, emotivamente sconvolti dall’esperienza vissuta, mia moglie ed io ci siamo guardati negli occhi, e abbiamo capito che era in quell’orfanotrofio che volevamo continuare la nostra esperienza. Grazie all’interessamento di fra Aklilu, e alla disponibilità di Sister Maria Regina, la responsabile della missione di Dubbo, è stato facile organizzare il tutto: ogni mattina un autista della missione di Konto ci portava a Dubbo, e ogni sera un autista della missione di Dubbo ci riportava a Konto. Così, per il restante periodo, abbiamo passato il nostro tempo con i bimbi abbandonati dell’orfanotrofio di Dubbo.

Un’esperienza bellissima quella vissuta con i bimbi, che mai mi sarei aspettato di vivere, che mi ha dato moltissimo. Passavamo la giornata giocando con i più grandicelli, o accudendo i più piccoli. L’età degli ospiti dell’orfanotrofio andava dai quindici giorni del neonato più piccolo ai dodici anni del bimbo più grande. Giocare con i più grandicelli era bellissimo, coinvolgente, ma anche molto faticoso, così, per rifiatare, ogni tanto ci prendevamo una pausa per accudire i piccolini, attività decisamente meno faticosa, ma altrettanto bella e coinvolgente.

Grande soddisfazione è stata per noi vedere che tutti i bambini, uno dopo l’altro e ognuno con i suoi tempi, si sono avvicinati a noi, anche i più introversi, quelli che probabilmente soffrivano di più il loro stato di abbandono, il che vuol dire che abbiamo speso bene il nostro tempo con loro. Con alcuni, e in particolare con Burtukan, il rapporto è stato bellissimo, era come se fossero figli nostri. Da questi bambini abbiamo avuto tanto, ci hanno fatto provare sensazioni mai provate prima, ci hanno fatto sentire un papà e una mamma. Bellissimo è stato anche il rapporto nato con Sister Francisca e Birkinesh, le direttrici del centro, e con Sister Regina, la responsabile della missione. Momenti indimenticabili, che rimarranno per sempre nei nostri cuori.

Purtroppo, come sempre avviene, è arrivato il giorno di tornare a casa. È stato difficile staccarsi da quei bambini, è stato difficile staccarsi dall’Etiopia, è stato difficile tornare alla vita di tutti i giorni. Di questa esperienza, ho scritto solo le cose principali, quelle che mi hanno colpito maggiormente, ma ne avrei tante altre da scrivere, potrei scrivere un libro. I bambini di Dubbo, le ragazze di Konto, il sorriso e la disponibilità della gente, li portiamo dentro di noi, non potremo mai dimenticarli, così come il ricordo di una bimba, Burtukan, che abbiamo amato, che ci ha dato tanto amore, che non rivedremo più.

Sono passati mesi dal nostro ritorno, ma sembra di essere tornati ieri. Vogliamo tornare laggiù, e riabbracciare le persone con cui è nato un rapporto vero, basato sul reciproco rispetto. Quest’esperienza ci ha cambiato molto, ci ha fatto crescere, ed è stato difficile rientrare nella nostra società dopo un mese. Al rientro in Italia, mi sono trovato a disagio, questo mondo non è il mio mondo, i miei valori sono altri, e li ho trovati laggiù, in mezzo a quella povera gente, ma devo vivere qua, e devo farlo al meglio possibile, cercando di far capire alle persone con cui sono a contatto giornaliero, che si può vivere in un modo diverso, con maggior sobrietà, con valori diversi, perché la felicità non dipende da ciò che si possiede, ma da ciò che si è.

Continuiamo nella nostra opera di volontariato, con una spinta interiore ancora maggiore, con la volontà di fare tutto quanto è nelle nostre possibilità, per aiutare coloro che prima di questa esperienza erano per noi i “poveri dell’africa”, e ora sono diventati i nostri “fratelli africani”. Grazie Susanna, grazie Tesfanesh, grazie Matesala, grazie Burtukan, grazie a tutti voi fratelli e sorelle etiopi, vi vogliamo bene!"

Guarda il video con le più belle immagini dell'esperienza di volontariato che Enrico e Tiziana hanno vissuto nelle missioni di Konto e Dubbo in Etiopia:

    

Enrico e Tiziana con alcune ragazze dell'Abba Pascal Girl's School

Volontari in missione - 1/23 Agosto 2011


Resoconto al Centro Missionario

di Enrico e Tiziana

al loro rientro dall'Etiopia



Enrico e Tiziana, al rientro dall'esperienza di volontariato in Etiopia presso la missione di Konto, hanno inviato il seguente resoconto a Frate Agostino Valsecchi, responsabile dei volontari in missione del Centro Missionario dei Frati Cappuccini di Milano Musocco:

"Caro Fra Ago, siamo rientrati da pochi giorni dall’Etiopia, dove abbiamo vissuto un’esperienza di volontariato in missione davvero molto bella e significativa.

Lavorando da parecchi anni in un’associazione di sostegno a progetti missionari, non possiamo dire di aver trovato cose nuove rispetto a quanto già sapevamo e conoscevamo di questo paese e di altri paesi poveri, ma un conto è "sapere” le cose ed un altro conto è “vederle” con i propri occhi.

Sapevamo della povertà, ma ora l’abbiamo vista ad Addis Abeba a Soddo ed in tanti villaggi in cui siamo stati. Nelle città è più evidente, molte persone di tutte le età chiedono l’elemosina, un paio di scarpe, dei vestiti. Come succede in tanti paesi del mondo, migliaia di persone si riversano nelle città credendo di trovare una situazione migliore, ed invece non trovano nulla, solo miseria, una miseria ancora peggiore di quella che avevano nei luoghi rurali di provenienza, dove almeno avevano un Tucul in cui dormire, ed un pezzo di terra da coltivare.

Sapevamo della fame, ma ora l’abbiamo vista nei bambini denutriti presenti negli ospedali delle missioni. Abbiamo visto i bimbi in avanzato stato di denutrizione, gonfi per la mancanza di proteine, con lo sguardo perso nel vuoto, incapaci di muovere anche le palpebre per la mancanza d’energia.

Sapevamo della sete, ma ora l’abbiamo vista nelle donne e nei bambini che percorrono chilometri per raggiungere il pozzo più vicino, per riempire le preziose taniche di plastica d’acqua pulita, evitando di raccoglierla nelle pozzanghere, dove l’acqua è rossa come la terra di cui è impregnata.

Tanti volti ci tornano alla mente, ed ogni volto ci riporta ad un luogo, ad una situazione, ad un momento che difficilmente potremo scordare.

Abbiamo conosciuto tanti missionari, frati preti e suore, tutte persone eccezionali, di un’umiltà pari soltanto alla loro grande dedizione e determinazione nel realizzare quanto più possibile per la gente. Non riusciamo ad immaginare come potrebbe essere l’Etiopia senza le missioni cattoliche, che sono ovunque, e sono sinonimo di scuole, ospedali, ambulatori, cibo e acqua.

Gli etiopi sono gente stupenda, gentili, con un forte senso dell’accoglienza ed una gran dignità. Non puoi non salutarli, ti guardano come chiederti “salutami dai…”, e se lo fai, di sicuro ti rispondono e ti sorridono, quand’anche non vengono a stringerti la mano. Non ci siamo mai sentiti fuori posto! Ci rispettano, sanno bene che quel poco che hanno lo devono in gran parte ai missionari bianchi, e che gran parte del loro futuro continuerà a dipendere dai bianchi.

Non scorderemo mai quel bimbo che incontravamo tutti i giorni quando ci recavamo a pranzo, e che rispondeva al nostro saluto baciandoci la mano che gli porgevamo per salutarlo. Questo gesto c’imbarazzava tantissimo, ma sapevamo bene che per lui, noi rappresentavamo le persone che ogni giorno, alla missione di Dubbo, gli garantiscono un pasto ed una tanica d’acqua pulita.

Un pensiero và anche ai bimbi dell’orfanotrofio di Dubbo, dove abbiamo prestato servizio nella seconda parte della nostra permanenza in Etiopia. Che gioia stare con loro, giocare, farli sorridere e accudirli. Abbiamo dato loro tanto amore, ma loro ce ne hanno restituito dieci volte tanto. Non potremo mai dimenticare i volti sorridenti di Burtukan, Matesala, Aklilu, Kiddist, Abiyot e tanti altri, con cui abbiamo vissuto un periodo bellissimo ed indimenticabile.

Potremmo continuare a scrivere per ore, ma vogliamo terminare questo messaggio con un ultima cosa, la più importante.

Mai come in questi ultimi mesi abbiamo sentito accanto a noi la presenza del Signore, da quando abbiamo deciso di frequentare il corso di formazione per “saperne un po’ di più sulle missioni” (ed alla fine abbiamo deciso di partire…), a quando abbiamo organizzato la partenza (con problemi di ferie lavorative che sembravano insuperabili), fino all’esperienza effettiva in missione (con qualche inevitabile difficoltà emotiva). Possiamo dire, senza ombra di dubbio, che il Signore, quando eravamo tristi ci ha consolato, quando avevamo dei dubbi ci ha consigliato, quando eravamo in difficoltà ci ha aiutato e quando gioivamo ha gioito con noi.

Non potevamo chiedere di più a quest’esperienza, ne usciamo rafforzati nella fede e nell’amore per il prossimo, convintissimi di proseguire sul cammino che il Signore giorno per giorno c’indicherà.

Grazie a tutti voi del centro missionario per averci consentito di vivere un’esperienza così bella e significativa.

Pace e bene,

Enrico e Tiziana".

Guarda il video con le più belle immagini dell'esperienza di volontariato che Enrico e Tiziana hanno vissuto nelle missioni di Konto e Dubbo in Etiopia:
    

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