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NOTIZIE dall'AFRICA



Ringraziamenti da

Sister Maria Regina Canale - Dubbo (Etiopia)

Ecco la lettera che Sister Maria Regina Canale, coordinatrice responsabile della missione di Dubbo delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, ci ha inviato alcuni giorni orsono.
Il ringraziamento è per volontari e benefattori de Il Seme della Speranza o.n.l.u.s. per le donazioni a sostegno dei vari progetti della missione.

Ringraziamenti SMR - iSdS
Giuseppe in Etiopia

Giuseppe dalla missione di Asco (Etiopia)



Appunti di missione

dall'Etiopia

 

 

Oggi, accompagnato da due missionari spagnoli, ho fatto visita agli ultimi degli ultimi (quelli dimenticati e scacciati anche dagli etiopi): i mutilati, i ritardati mentali, quelli con handicap di tutti i tipi, quelli con la testa che pare possa scoppiare da un momento all'altro, quelli che non avrebbero scampo, se non fosse per un gruppo di missionari "da sbarco" ('Brother Of Charity', tutti africani ed indiani), che gestiscono un centro nella capitale etiope.
Non descriverò dettagli, però mi sono tornate in mente alcune immagini del film 'L'ultimo re di scozia': a stento il mio stomaco ha retto.
Sono saldo, ma in effetti credo che quest'ultima esperienza, sia troppo anche per me.
Ora stò pensando soprattutto all'amore (vorrei trovare le parole per provare a descriverlo, spero di farlo a breve), perche poi, alla fine, é soprattutto di quella che ci si riempie in missione: l'amore  che mostra la Terra, per i suoi meravigliosi colori, l'amore degli uomini, e l'amore di Dio.
Giuseppe


Giuseppe in Etiopia

Giuseppe dalla missione di Asco (Etiopia)



Appunti di missione

dall'Etiopia

e

Buon Anno!

Ci sono giorni in cui mi sento benone, altri in cui ti chiedi se ce la farai,
Ci sono giorni in cui il cibo sembra buono e sufficiente, altri in cui ti pare misero e cattivo (d'altronde le missioni delle Sorelle Della Carita' di Madre Teresa di Calcutta, sono riconosciute per essere "essenziali" e spartane).
Ci si disidrata molto, per l'altitudine, e per la stagione secca, quasi arida.
A volte ci si sforza di vedere le cose positive: bevo 3-4 the' al giorno, non mangio carne, mangio riso, legumi, qualche volta la pasta, ed un sacco di frutta topicale (Mango, Papaya, Avocado, Ananas, Banane), che qui e' ovviamente gustosa, saporita ed energetica.
L'aria e' pulitissima, e l'adattamento, dopo due settimane qui, a quasi 3000 Mt di altitudine, e' davvero un buon un'allenamento atletico (la prossima estate, chissa', vorrei scalare un 4000 Mt). Insomma ci si "ripulisce", e ci si tempra.
Il 2 Gennaio parto, per qualche giorno, per un viaggio nel Paese (i voli interni costano davvero poco).
Un saluto e Buon anno Nuovo (che qui non si festeggia, perche' nel calendario copto, il nuovo anno comincia il 12 Settembre).
Giuseppe

Lettera a mio nipote, dall'Africa.
                                                                                                        di Giuseppe Luca Mantegazza

Filippo caro,
vorrei che tu potessi leggere questa mia lettera: a te la indirizzo, sapendo che lo farai, quando sarai un po’ piu’ grandicello.
Avrei voluto scriverti prima, ma non e’ facile trovare il tempo per farlo: solo di sera riesco ad essere un po’ libero per scrivere, ma a quell’ora, spesso, ci sono dei black-out elettrici; ho provato anche a scrivere a mano su un foglio, a lume di candela, ma davvero non mi riesce: troppe difficolta’ a rileggere quello che scrivo (pessima la mia calligrafia), e troppa l’abitudine e la dipendenza al computer. Sembra che i miei pensieri fluiscano meglio con una tastiera, che non con una penna in mano.
In questo Paese ci sono zone, piu’ grandi di tante regioni italiane, in cui non c’e’ traccia di luce elettrica, e dove non arriva acqua corrente: eppure qui, in Etiopia, si stanno costruendo dighe ovunque; in particolare una, nel Nord, sul Nilo Azzurro, diventera’ la piu’ grande d’Africa, la terza nel Mondo.
La stanno costruendo i cinesi, e la ditta Salini, la piu’ grande impresa italiana che lavora per la cooperazione, che al Sud, nella Valle dell’Omo (nella zona in cui hanno ritrovato il nostro antenato Lucy), ha gia’ costruito una diga, che, qualche giorno dopo l’inaugurazione, alla presenza di un sottosegretario del nostro Governo, e’ in parte crollata.
Il colonialismo, o neo-colonialismo, in Africa non si e’ mai fermato: semmai si e’ aggiornato con nuove forme, come il land-grabbing, che in pratica consiste in questo: grosse multinazionali occidentali ed asiatiche dell’energia e dell’agro-alimentare, acquisiscono (con l’egida della banca mondiale, del fondo monetario internazionale, e con il beneplacito di governi locali compiacenti) terre cotivabili e fonti d’aqua, per produrvi derrate alimentari, biocarburanti ed enegia, da rivendere.
A guadagnarci sono, oltre a queste multinazionali, gli speculatori ed i grossi gruppi finanziari globali, non di certo le popolazioni locali, che, anzi, si impoveriscono sempre di piu’.
Tante’, questa e’ l’Africa, terra ricchissima di risorse, ma tanto povera; terra di enormi contraddizioni, pensa: l’Etiopia cresce di quasi il 10 % di Pil l’anno, ma secondo i dati delle Nazioni Unite, risulta tra i primi 10 Paesi piu’ poveri in assoluto al Mondo.
Piccolo Filippo, ti scrivo dall’orfanotrofio di Asco, che si trova in un sobborgo poverissimo, a nord di Addis Abeba: ti scrivo perche’ ho capito il motivo, per cui, nella mia attivita’ qui al centro, mi affeziono soprattutto ai bimbi della tua eta’; e’ semplice: in loro rivedo te.
Penso a te, quando, tutte le mattine, vado in clinica a trovare i piccoli, ricoverati perche’ malconci per denutrizione, o per complicazioni dovute alla sieropositivita’: rivedo te, in Ethiopia (che bel nome, proprio come quello del suo Paese!), la bimba che mi sorride sempre, dal suo lettino, appena mi vede entrare con un palloncino colorato in mano.
Ha la tua stessa eta’, e’ un’orfana sieropositiva, con due occhioni curiosi e lumiosi come i tuoi, luminosi come la luna piena di ieri notte, che rischiarava la terra rossa ed i tetti di lamiera, dove si riparano centinaia di migliaia di persone, e di bimbi, come te.
Mi stupisco ogni mattina, quando in clinica ritrovo Teresa, un’altra bimba, questa un po’ piu’ grande di te, ha 12 anni, ma pesa meno di te, che di anni ne hai due e mezzo: ogni volta che la saluto, e lei mi risponde sorridendomi, penso a se, l’indomani, sara’ ancora tra noi, su questa Terra.
Quando esco dalla clinica dell’orfanotrofio, mio piccolo Filippo, sento il bisogno di “tirare il fiato“, e di camminare fin quasi allo sfinimento: e lo faccio, uscendo dal centro, per almeno un’oretta, la mattina.
Lungo il tragito, incrocio tanti altri bimbi che, sempre, mi sorridono; vedessi quanti ce ne sono qui in Etiopia, pare un Paese di bimbi, li vedi ovunque: nelle strade, sugli autobus; i piu’ piccoli in braccio o sulla schiena delle loro mamme; i piu’ grandicelli, quelli che vanno a scuola, in gruppi ordinati e precisi, con le loro divise e cartelle sulla schiena, colorate.
Gia’, tutto qui e’ colorato; il continente da cui ti so’ scrivendo e’ a colori, altro che continente nero: la terra e’ colorata di un rosso vivo;
di giorno - il cielo - ha straordinarie e forti tonalita’ d’azzurro, mentre al tramonto si dipinge d’ amaranto;
la notte, invece, scurisce, di un nero pesto, la terra, mentre le stelle, rischiarano, di un bianco luminoso, il cielo.
Chissa’, forse anche il cielo e la terra sanno che qui, in questo continente, c’e’ tanta sofferenza, ed anche tanta morte, per malattie, poverta’, guerre: ed allora sembra che, anche loro, si protraggano alla vita, un po’ come fanno le foglie e le piante da noi, in Italia, in autunno, quando si dipingono di colori straordinari, prima della venuta del freddo, dell’inverno.
E verso la vita si protraggono gli uomini, i bimbi, e soprattutto le donne: straordinarie nel portare e reggere il peso di situazioni endemiche di malattie, poverta’ e miseria.
Si protraggono alla vita, ed a Dio.
Mio piccolo Filippo, amo questa Terra, amo viaggiare, amo l’avventura e conoscere nuove persone, ma l’amore che provo per te, non ha eguali.

p.s Perdonami, quando, tra 15 giorni, riabbracciandoti, non riusciro’, come invece sto facendo qui, a trattenere quache lacrima.
Lo zio Beppe.

Giuseppe in Etiopia

Giuseppe dalla missione di Asco (Etiopia)



Appunti di missione

dall'Etiopia

e

Buon Natale!

Non ci si abitua mai, non ci si puo' abituare, alla poverta' di questi posti.
Mi sto' abituando pero' al cibo (cucinato con l'olio donato dall' USAID ,usato nella guerra del Vietnam ...magari ve ne scrivero' in altra occasione), all' altitudine (quasi 3000 Mt)  ed al clima, che in questo periodo e'  secco, anche se un po' freddo la sera (5 gradi, ma ovviamente non ci sono riscaldamenti).
Difficolta' superabili, e irrilevati, rispetto a  quello che si riceve.
Provo profondo amore per la gente di qui, e per questa Terra rossa, arsa dal sole.
Auguri di buon Natale dall' Etiopia.

Etiopia: l’origine e forse il futuro di tutti.
                                                                                                        di Giuseppe Luca Mantegazza

I primi bagliori dell’alba, che filtrano dal finestrino dell’aereo, illuminano occhi intontiti dalla notte insonne, passata scrutando il Mediterraneo prima, ed il deserto del Sahara poi- nel tentativo di avvistare qualche luce nell’oscurita’- sulla rotta del volo Milano-Addis Abeba.
Tentativo fallito, nonostante l’assenza di nuvole della nottata: troppo scuro il mare e troppo fosco il deserto, troppo poche le tracce di luce umana la’ sotto.
Prima che l’aereo atterri nella capitale etiope, faccio ancor in tempo a vedere il sole, che alzandosi sull’orizzonte, scopre ed illumina terre che da oscure, in pochi minuti, diventano prima brulle, poi’ verdissime.
L’impatto con l’Africa e’ duro: a subirlo, per primi, sono gli occhi, assopiti dai colori grigi dell’inverno europeo, poi’ arriva’ tutto il resto: olfatto, sapori, sensazioni, emozioni.
Te ne accorgi subito, appena sbuchi fuori dalla porta dell’aereo, mentre percorri la scaletta che ti porta a terra: ti assale una luce intensa di un sole mattutino, ti assale il colore verdissimo degli eucalipti che sbucano da dietro l’aeroporto, eppoi, soprattutto, ti assalgono odori fortissimi ed indecifrabili: forse di piante tropicali, di spezie, di urina.
L’impatto con l’Africa e’ duro per chi, come me, arriva da un continente, che, confrontato a questo, pare scialbo, inodore,incolore.
Ma l’impatto piu’ critico ce l’hai quando esci dall’aeroporto: decine, forse centinaia di bambini di strada, scalzi, vestiti di magliette sbrindellate e sudice, che chiedono elemosina.
Puoi’ esserci gia’ stato qua, anche per molto tempo, ma chi nasce nei conforti “occidentali”, non puo’ possedere categorie mentali per concepire quello che ti si mostra davanti: immaginatevi una citta’ occidentale rasa al suolo da un terremoto, dove migliaia di persone vagano senza meta e senza direzione, allucinati dalla fame, dalle malattie ed anche dal freddo notturno; gia’, perche’, oltre a tutti i disagi di varia natura, bisogna fare i conti anche con l’altidudine, Addis Abeba e’ a 2500 Mt, l’orfanotrofio di Asco, a stima, dovrebbe trovarsi sui 2700 Mt.
Di giorno ti assale un sole equatoriale caldo e luminosissimo, mentre di notte ad assalirti e’ il freddo: la temperatura dai 25-26 gradi del primo pomeriggio, si abbassa di oltre 20 gradi , nella notte.
Una notte buissima, oscura, che ti assale rapidamente, come se qualcuno, improvvisamente, spegnesse l’interruttore della luce.
E, ad assalirmi, sono stati, ovviamente, anche i bimbi dell’orfanotrofio: appena mi hanno intravisto, mi si sono fiondati addosso, con il loro carico di pidocchi, pulci, e muco che esce dai loro nasi.
E mentre tutto qui ti assale, senti il lavoro e la fatica che il tuo corpo e la tua mente, stanno facendo: per ristrutturare il sistema immunitario e di anticorpi.
Mentre camminavo per raggiungere questa baracca di terra e lamiere, che sarebbe una specie di internet point (la connessione lentissima, va’ e viene), da cui sto’ scrivendo, pensando al cielo luminosissimo di ieri sera (a Milano viviamo in un contesto di luce artificiale, ostentata, invasiva che offusca il cielo, e spesso anche noi, mentre qui e’ l’esatto contrario: la terra e’ buia, il cielo luminosissimo), piu’ volte sono stato rincorso e fermato da bimbi vestiti di stracci, sorridenti, che m’invitavano a giocare con loro, con un pallone sbrindellato, e da uomini e donne sorridenti (quest’ultime vestite di indumenti coloritissimi), che m’invitavano a bere un caffe’.
Non mi son fermato a giocare coi bimbi, e non sono nemmeno entrato in quei ripari di fango, cartone e lamiere (dove vivono centinaia di migliaia di persone) per bermi un caffe’: ho solo risposto ai loro sorrisi, con altrettanti grandi sorrisi, che in loro procuravano sorrisi ancor piu’ gioiosi.
Di primo impatto, vorresti davvero prendere il primo volo per tornare a casa: troppe difficolta’ di tutti i generi per chi arriva da vite “comode” occidentali, e fuor di misura la miseria che affligge queste terre; poi’, incrociando l’ennesima donna sorridente che teneva il proprio piccolo in fascia sulla schiena, come se quel contatto fisico continuo tra madre e bimbo, il muoversi insieme, avesse qualcosa di primordiale, mi e’ venuto in mente che forse l’Africa e’ donna: la donna che ha partorito tutti noi, una donna abusata, ferita, umiliata, sfruttata, ma ancora viva, profondamente viva e vitale, piu’ vitale di qualsiasi altro continente.
Ho pensato che l’Africa e’ l’origine di tutto, e forse, anche il futuro di tutto.
Ho pensato che sono qui a condividere con queste sorelle e con questi fratelli, un destino comune.
Ed infine, ho pensato che forse, sono qui come testimone, un testimone non passivo, che ha la presunzione di ritenere che la sua piccolissima goccia nell’oceano, possa servire al futuro dell’Africa: perche’, forse, se l’Africa ce la fara’, ce la faremo anche tutti noi.

ps. ringrazio tutte le persone che mi permettono di essere qui, a vivere, credo profondamente, queste esperienze (in particolare mamma e papa’, che lavorano silenziosamente, poi’ Fra Agostino Valsecchi, francescano responsabile del centro dei missionari cappuccini di Milano, ed Ermanno Ripamonti, formatore Pime).

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