- Pubblicato: 22 Aprile 2025
Aiutare il prossimo:
virtù straordinaria o
semplice normalità
umana?
Viviamo in un mondo dove, spesso, la solidarietà viene raccontata come un gesto eroico. Chi aiuta gli altri viene ammirato, lodato, celebrato. Eppure, sorge spontanea una domanda: è davvero straordinario aiutare il prossimo, o dovrebbe essere considerato semplicemente normale?
Molti pensano che chi si dedica agli altri, che si tratti di volontariato, sostegno economico o anche solo ascolto sincero, sia una "brava persona", nel senso più alto del termine. Ma questa definizione, per quanto positiva, porta con sé un’implicita conseguenza: chi non aiuta è comunque considerato “normale”.
E se invece fosse il contrario? Se la vera normalità umana fosse la compassione, l’empatia, la capacità di tendere la mano? Se l’“essere umano” fosse, per sua natura, colui che si prende cura degli altri?
In questa visione, chi non aiuta il prossimo non è neutro, ma sta rinunciando a una parte essenziale dell’essere umano. Non si tratta di moralismo o giudizio, ma di un’osservazione profonda: chi vive solo per sé stesso, chi ignora il dolore altrui o peggio lo considera un fastidio, forse sta vivendo una versione ridotta della propria umanità.
Aiutare non significa fare grandi cose, a volte basta poco: un sorriso, un gesto gentile, una presenza vera. Ma in quel poco si nasconde tutto: la scelta di non voltarsi dall’altra parte, di non restare indifferenti.
E allora forse è giusto ribaltare la prospettiva: non è chi aiuta a essere “più bravo”, è chi non lo fa a essere meno umano. Non nel senso di essere condannato, ma nel senso che ha ancora tanta strada da fare per riconoscersi pienamente come parte di un’umanità che vive di relazioni, di cura, di reciprocità.
In un mondo che ha spesso dimenticato l’importanza dell’altro, chi sceglie di esserci, di tendere la mano, di non restare indifferente… non è un eroe: è semplicemente umano. E questo, oggi, è il gesto più rivoluzionario di tutti.
I volontari de Il Seme della Speranza o.d.v.