Italia
Le parole della Grande Guerra
Chi visita il sacrario militare di Redipuglia che custodisce le salme di 100 mila caduti della prima guerra mondiale, è costretto a fare i conti con una parola, scolpita a caratteri cubitali infinite volte, lungo le alzate dei gradoni.
La parola in questione è “PRESENTE” che nel gergo militare corrisponde a “sono pronto”, “eccomi”, “a disposizione”.
Ma c’è un’accezione alternativa, che ci riconsegna questo vocabolo con una sfumatura nuova: “presente” contrapposto a “passato”, nel senso che riguarda l’oggi, il 2014, e non solo perché sul pallottoliere della storia ricorre il centesimo anniversario dell’inizio delle ostilità.
“Presente” è solo una delle parole di guerra che ci vengono riconsegnate, un secolo dopo.
Ogni famiglia poi ha le sue, se ha avuto la possibilità o la saggezza di sedersi ai piedi dei nonni per ascoltare i loro racconti.
Perché non c’è famiglia che non sia stata in qualche modo toccata da quanto avvenne tra il 1914 ed il 1918.
Giusto cent’anni fa esordivano due aggettivi “mondiale” e “grande”: mai prima di allora questi attributi erano stati associati al sostantivo “guerra”.
Ce n’è stata una seconda di guerra mondiale.
Non è un’altra storia, tant’è che molti studiosi parlano di guerra dei trent’anni, iniziata nel 1914 e terminata solo nel 1945.
E magari, almeno, tutto si fosse chiuso con quella data!
Invece si stanno ancora contando i morti di altre “inutili stragi” che continuano a perpetrarsi in Ucraina, Siria, Palestina, Israele, Iraq, Sud Sudan, Repubblica Centrafricana...
Terre distanti, secondo qualcuno, marginali, che non ci riguardano.
E invece dovrebbero. Perché se c’è una cosa che i caduti della grande guerra e le loro parole ci insegnano è che non deve più esistere, in alcun luogo, nessuna “terra di nessuno”.
(da: Alberto Friso, Il Messaggero di Sant’Antonio)