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Morire di speranza
Il 20 giugno è la Giornata mondiale del Rifugiato.
In questa occasione si terrà una veglia in memoria dei migranti che perdono la vita nei viaggi verso l’Europa.
Si fa presto a giudicare.
A bollare tutti come clandestini o peggio delinquenti… ci siamo mai fermati a guardare negli occhi queste persone che partono dalla loro terra e dalla loro casa solo legati ad un filo di speranza?
Magari lasciano una capanna che contiene poche povere cose, magari lo spazio viene diviso con la capra di famiglia o una gallina, ma rappresenta la loro vita.
Tutto quello che due giovani sposi si sono promessi… un tetto per i loro figli… un riparo per i vecchi.
Noi occidentali ci siamo abituati agli agi.
Anche il più povero di noi non sarà mai misero come uno di loro.
C’è sempre qualche barlume di possibilità per noi.
A volte manca la volontà, a volte è vero si è bersagliati dalla sfortuna.
La colpa è sempre della crisi…
Ho letto un articolo terribile scritto per “Vanity Fair” da una giornalista che è riuscita ad entrare in Eritrea in segreto.
Raccoglie le testimonianze di gente che ha perso i figli partiti nei viaggi sui barconi e morti così, in un silenzio assordante.
Racconta di come la paura la fa da signora in un Paese blindato.
Un Paese di gente che non sa più se restare è un atto di saggezza o di codardia.
Bene: noi crediamo a questa gente.
Vogliamo aiutarla ad avere un futuro migliore e abbiamo deciso di cominciare dalle donne e dai bambini.
Da anni aiutiamo l’Health Center di Mogolo a crescere per salvare da morte certa i bimbi denutriti.
Aiutiamo le mamme partorienti con la realizzazione del Reparto di Maternità.
Perché non muoiano così, abbandonate, con i loro piccoli.
Fianco a fianco con padre Thomas e i suoi collaboratori.
Abbiamo sostenuto la costruzione di un villaggio “della speranza” con 76 tukul (a oggi).
Vorremmo dire finalmente “basta” ai naufragi biblici a cui siamo quasi abituati dai TG, vorremmo vedere un mondo migliore che accolga, che dia una mano, che non lasci soli gli avamposti dei disperati.
La possibilità c’è: basta volerlo.
Non è con l’egoismo che usciremo dalla nostra crisi.
Apriamo gli occhi e guardiamoci, finalmente, intorno.
Al di là dei confini dell’Europa c’è un mondo che per ora aspetta e forse non aspetterà ancora a lungo!