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Credere

 




Credere

   

 

 


La Emy ha  idee chiare e convinzioni ben radicate. Le professa senza timidezza.
Io credo alle previsioni meteo; se annunciano pioggia, non mi azzardo certo ad uscire senza ombrello”.
Credo a quel medico che mi ha sconsigliato tutte le altre medicine e proposto quelle nuove pillole che vengono dalla Svizzera e mi sento già meglio.
Credo all’oroscopo: mi fa un po’ ridere ma certo qualche cosa di vero è scritto nelle stelle.
Credo nel mio consulente finanziario che mi dà per sicure e redditizie queste obbligazioni di cui non capisco un gran che.
Credo a quello che scrive il giornale e che ha rivelato che delinquente sia quel tale che faceva il sindaco non so più dove.
Credo alle dichiarazioni di quell’attore tanto simpatico e affascinante quando dice che ha trovato finalmente pace da quando frequenta un santone venuto dall’Oriente.
Vieni - le dice l’amica - andiamo in Duomo per il Giubileo ed entriamo dalla porta della misericordia!
No, sai: io non sono credente”.

                      (da “Vocabolario della vita quotidiana” di Mario Delpini, Vescovo di Milano)

La gioia di donarsi

 




La gioia di donarsi

   

 

 

 

L’impegno dell’evangelizzazione arricchisce la mente e il cuore, ci apre orizzonti spirituali, ci rende più sensibili per riconoscere l’azione dello Spirito, ci fa uscire dai nostri schemi spirituali limitati.

Contemporaneamente, un missionario pienamente dedito al suo lavoro sperimenta il piacere di essere una sorgente, che tracima e rinfresca gli altri. Può essere missionario solo chi si sente bene nel cercare il bene del prossimo, chi desidera la felicità degli altri.

Questa apertura del cuore è fonte di felicità, perché “si è più beati nel dare che nel ricevere” (At 20,35).

Non si vive meglio fuggendo dagli altri, nascondendosi, negandosi alla condivisione, se si resiste a dare, se ci si rinchiude nella comodità. Ciò non è altro che un lento suicidio.

                                                        (da Francesco – il mio breviario)

L'orologio

 


Il Seme della Speranza

in tutti noi

   

 

Il periodo storico che stiamo vivendo ci pone tanti interrogativi.

Chi avrebbe mai immaginato un tale flagello che sta annullando il nostro mondo, fatto di abitudini più o meno consolidate, di piccole e grandi cose della nostra vita?

Tanti intorno a noi ci hanno lasciato. In silenzio e in solitudine. E questo aumenta ancora di più il senso di vuoto, desolazione e sgomento.

Ci eravamo promessi tante cose. Di tenere duro, di rinascere migliori da questa esperienza...

Ora delusi, preoccupati e timorosi lo spirito viene un po’ meno.

E’ il momento giusto per rialzare la testa. Per non farci travolgere dal “lockdown” bensì cominciare a pensare ad un nuovo “lockdown”.

Ricominciare a pensare agli ultimi, a quelli che sono abbandonati, senza mezzi, con una vita dura che lascia poco spazio all’idea di futuro.

In Africa, ma anche qui. I nostri vicini che per pudore o per non disturbare non osano chiedere. Facciamo sentire che ci siamo. Usiamo tutto il possibile: una parola buona, un gesto, un aiuto. Non richiudiamoci in un egoismo sterile. Facciamo germogliare il seme della speranza.

La nostra Associazione propone un Natale di solidarietà. Ci metteremo l’impegno, come sempre, sperando di riuscire a realizzare quanto ci siamo proposti, contattate i nostri volontari che vi spiegheranno tutto quello che abbiamo in cantiere.

Sappiamo che sarete ancora al nostro fianco, come sempre. E come sempre vi giunga un grandissimo GRAZIE di cuore.

I volontari de Il Seme della Speranza o.n.l.u.s.

Per chi?

 


Per chi?

   

 


Una storia ebraica narra di un rabbino saggio e timorato di Dio che, una sera, dopo una giornata passata a consultare i libri delle antiche profezie, decise di uscire per la strada a fare una passeggiata distensiva.

Mentre camminava lentamente per una strada isolata, incontrò un guardiano che camminava avanti e indietro, con passi lunghi e decisi, davanti alla cancellata di un ricco podere.

Per chi cammini tu?” chiese il rabbino incuriosito.

Il guardiano disse il nome del suo padrone. Poi, subito dopo, chiese al rabbino: “E tu, per chi cammini?

Questa domanda, conclude la storia, si conficcò nel cuore del rabbino.

E tu, per chi cammini? Per chi sono tutti i tuoi passi e gli affanni di questa giornata? Per chi vivi?

Puoi vivere solo per qualcuno. Ad ogni passo, oggi, ripeti il suo nome. Mai avrai avuto una giornata più leggera.

                                           (Da “365 piccole storie per l’anima” di Bruno Ferrero)

L'orologio

 


L'orologio

   

 

Un anziano incontra un giovane che gli chiede:
- Si ricorda di me?
Il vecchio gli dice di no.

Allora il giovane gli dice che è stato il suo studente. E il professore gli chiede:
- Ah sì? E che lavoro fai adesso?

Il giovane risponde:
- Beh, faccio l’insegnante.

- Oh, che bello come me? gli dice il vecchio.
- Beh, sì. In realtà, sono diventato un insegnante perché mi ha ispirato ad essere come lei.
L'anziano, curioso, chiede al giovane di raccontargli come mai. E il giovane gli racconta questa storia:
- Un giorno, un mio amico, anch'egli studente, è arrivato a scuola con un bellissimo orologio, nuovo e io l’ho rubato. Poco dopo, il mio amico ha notato il furto e subito si è lamentato con il nostro insegnante, che era lei. Allora, lei ha detto alla classe:

- L'orologio del vostro compagno è stato rubato durante la lezione di oggi. Chi l'ha rubato, per favore, lo restituisca.
Ma io non l'ho restituito perché non volevo farlo.
Poi lei hai chiuso la porta ed ha detto a tutti di alzarci in piedi perché avrebbe controllato le nostre tasche una per una. Ma, prima, ci ha detto di chiudere gli occhi. Così abbiamo fatto e lei ha cercato tasca per tasca e, quando è arrivato da me, ha trovato l'orologio e l'ha preso. Ha continuato a cercare nelle tasche di tutti e, quando ha finito, ha detto:
- Aprite gli occhi. Ho trovato l'orologio.

Non mi ha mai detto niente e non ha mai menzionato l'episodio. Non ha mai fatto il nome di chi era stato quello che aveva rubato. Quel giorno, lei ha salvato la mia dignità per sempre. È stato il giorno più vergognoso della mia vita. Non mi ha mai detto nulla e, anche se non mi ha mai sgridato né mi ha mai chiamato per darmi una lezione morale, ho ricevuto il messaggio chiaramente. E, grazie a lei ho capito che questo è quello che deve fare un vero educatore. Si ricorda di questo episodio, professore?
E il professore rispose:
- Io ricordo la situazione, l'orologio rubato, di aver cercato nelle tasche di tutti ma non ti ricordavo, perché anche io ho chiuso gli occhi mentre cercavo.


Questa è l'essenza della decenza. Se per correggere hai bisogno di umiliare, allora non sai insegnare.

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