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NOTIZIE dall'AFRICA

Con Sister Maria Regina, al momento degli arrivederci.

Tiziana e Enrico dalla Missione di Dubbo




In Diretta dall'Etiopia (4)







Come tutte le esperienze di vita, anche questa è arrivata al suo epilogo.

Oggi è l’ultimo giorno alla missione di Dubbo, perché domani mattina presto partiremo alla volta di Addis Ababa, dove a mezzanotte ci imbarcheremo sull’aereo che ci riporterà in Italia.

Oggi è quindi il giorno degli arrivederci, il giorno dei saluti. Abbiamo salutato i bambini dell’orfanotrofio, i pochi rimasti (entro fine mese l’orfanotrofio chiuderà i battenti per sempre) e tutte le persone con cui abbiamo avuto contatti durante la nostra permanenza. È sempre un momento triste quello dei saluti, perché ci sono persone e bimbi che non si vorrebbero mai lasciare, che si vorrebbero sempre al nostro fianco, ma questa è la vita, e se devono venire le esperienze future, devono necessariamente concludersi quelle del presente.

Il magone maggiore è per i bimbi dell’orfanotrofio, quelli con cui abbiamo giocato per un mese, che hanno imparato a volerci bene, e che sono entrati nel nostro cuore: che fine faranno? Alcuni saranno adottati e con ogni probabilità troveranno una famiglia in Italia, ma altri, per volere del governo, torneranno alle loro famiglie che li avevano abbandonati, accolti da nonni o zii, perché quasi tutti hanno perso la mamma ed il papà li ha abbandonati. Che ne sarà di loro? Che futuro avranno? I parenti che li accoglieranno avranno la capacità di voler loro bene o finiranno a fare gli schiavetti nella loro casa? Mi auguro dal più profondo del cuore che il loro futuro sia felice, che non perdano il sorriso che hanno ritrovato in orfanotrofio, grazie alle amorevoli cure di Suor Francisca e di Birkinesh.

Questa seconda esperienza in Etiopia ha confermato quanto avevamo già vissuto lo scorso anno, e ci ha legato ancora di più a questa terra bellissima e sfortunata, dove la gente è povera ma ha sempre il sorriso sulle labbra.

Torniamo a casa, ma una parte del nostro cuore rimane qui, con questi stupendi bambini e questa meravigliosa gente, che con la loro semplicità e gioia di vivere, ci hanno dato ancora una volta una bella lezione di vita.

Ringraziamo Sister Maria Regina per averci accolti ed aver fatto di tutto per metterci a nostro agio, starle vicino in questo mese di permanenza ha aumentato a dismisura la nostra stima per lei, è veramente una grande religiosa, una grande persona e un grande manager. Come ho detto più volte, la sua dolcezza è pari alla sua rigidità quando si tratta di mandare avanti la missione e di educare le persone ed i bambini.

Ringraziamo anche tutte le consorelle, Sister Francisca, Sister Teresinha, le novizie e le aspiranti, che con la loro gioia e simpatia ci hanno fatto sentire come a casa nostra.

Che il Signore benedica tutte voi e vi accompagni nel vostro impegnativo compito di missionarie.

Da parte nostra, di Sister Maria Regina e di tutte le consorelle, un grosso abbraccio a tutti i soci, gli amici ed i benefattori de Il Seme della Speranza o.n.l.u.s.

                                                                                                   Tiziana e Enrico
La chiesa parrocchiale di Dubbo.

Tiziana e Enrico dalla Missione di Dubbo




In Diretta dall'Etiopia (3)







Ed è arrivata anche l’ultima domenica da trascorrere a Dubbo.

Ieri siamo stati ospiti, a Soddo, di Suzanna e Tjon Lota, due ragazze della squadra di calcio della scuola di Konto, con cui si è instaurato un bellissimo rapporto di amicizia. Dopo esserci scritti per un anno, è stato davvero bello riabbracciarle e passare un po’ di tempo con loro. Vivono in una bella casa, decisamente una delle migliori che abbiamo avuto modo di vedere qui in Etiopia, anche se ovviamente è costruita in legno e “cicca” (paglia e fango) ed ha il tetto in lamiera. Una casa accogliente, ben arredata, con energia elettrica e televisione! Abbiamo passato con loro un’ora e mezza, ed ovviamente non è potuta mancare la cerimonia del caffè con il pop-corn zuccherato. Abbiamo comunicato con un po’ di difficoltà, in inglese, ma quando ci si vuole capire nessun ostacolo può impedirlo

Suzanna e Tjon, rispettivamente di 15 e 14 anni, hanno perso prematuramente la loro mamma pochi mesi fa, ma hanno superato coraggiosamente questa difficoltà e sono due ragazze serene a cui vogliamo bene come a due figlie.

Non senza emozione ci siamo congedati da loro con abbracci e baci, dandoci appuntamento all’anno prossimo, nella speranza di poter tornare ancora qui in Etiopia.

La domenica è il giorno della messa, molto sentita e partecipata. Non pensiate che una messa in Etiopia sia come una messa in Italia, perché vi sono molte differenze.

Prima di tutto la durata, perché qui una messa dura minimo un’ora e mezza, ma può arrivare tranquillamente anche a due ore.

I fedeli partecipano molto intensamente alla celebrazione, che risulta molto vivace e gioiosa, anche grazie ai tanti canti accompagnati dal tamburo o dall’organetto.

Il coro della chiesa si distingue perché indossano tutti una tunica colorata, come i cori gospel americani, e sono molto fieri di farne parte, per loro indossare la tunica colorata è un grande vanto.

Al di là della durata, la grande differenza che ho notato con le messe in Italia, è proprio la partecipazione della gente, che non segue passivamente la celebrazione, ma la vive in prima persona, cantando, applaudendo, ballando, ed è per questo che la messa non risulta pesante, anche se noi non capiamo assolutamente nulla, perché l’amarico è a noi del tutto incomprensibile.

Ovviamente noi “Farenji” non passiamo inosservati, ed appena ci avviciniamo alla chiesa veniamo assaliti da orde di bambini che fanno a gara per darci la mano e accompagnarci all’interno della chiesa, stessa cosa all’uscita, quando ci accompagnano fino all’entrata della missione.

In quanto domenica, oggi tutte le attività della missione sono ferme, ed è davvero strano il silenzio che regna, visto che in settimana c’è sempre grande movimento di persone ed un vociare continuo di sottofondo.

Un abbraccio a tutti voi.

                                                                                                   Tiziana e Enrico
La festa del Meskel

Etiopia, 27 Settembre 2012



La Festa del Meskel

La più suggestiva tradizione Etiopica



Il "MESKEL", che letteralmente significa la festa della Croce, è una delle più importanti e suggestive feste celebrate dalle popolazioni cristiane dell'Etiopia.
Questa festa, che ricorre annualmente al 17 "Meskerrem" (27 Settembre), trae origine da un'antichissima tradizione che gli etiopici, di profondi sentimenti cristiani, si sono tramandati di generazione in generazione e che ha conservato tutto l'originale candore ed il senso più genuino del carattere degli antichi etiopici cristiani.
Secondo la tradizione, il "MESKEL" ricorda il ritrovamento della croce di Cristo ad opera della Regina Elena, madre di Costantino. Si racconta che gli ebrei avevano seppellito la croce di Cristo in mezzo a quelle dei due ladroni, e avevano continuamente ammucchiato su di esse le loro immondizie, che dopo trecento anni erano letteralmente diventate delle montagne, per evitare che i cristiani continuassero a venerare il simbolo della loro redenzione.
Nessuno avrebbe detto che, dopo trecento anni, si sarebbe riusciti ad individuare il luogo dove la reliquia era stata seppellita, eppure Dio volle che anche questo miracolo venisse compiuto, e scelse Elena, la madre di Costantino, donna pia e virtuosa, per questa grande missione.
Elena, che aveva sempre desiderato ardentemente di scoprire il luogo dove giaceva sepolta la croce di Cristo, un giorno, dopo tante ricerche, consultò tre vecchie persone e loro, un po' con le buone e un po' con le cattive, indicarono i tre mucchi, o montagne di immondizie, dove, secondo la leggenda, era stata seppellita insieme a quelle dei due furfanti, trecento anni prima.
Elena, donna saggia, vedendo che c'erano tre montagne di rifiuti di uguale altezza e non sapendo in quale delle tre poteva essere sepolta la croce sulla quale Gesù fu crocefisso, prima di iniziare il lavoro degli scavi volle innalzare a Dio un sacrificio, bruciando una catasta di legna (che è il Damerà) per ottenere un'indicazione divina su quale dei tre monti doveva scavare. Dio accettò il suo sacrificio e piegò le fiamme verso la montagna di mezzo, che venne scavata dal 17 "Meskerrem" fino al 30 "Megabit" (settembre - marzo), e gli sforzi di Elena vennero coronati da grande successo in quanto la sacra reliquia venne ritrovata.
Gli Imperatori d'Etiopia non sapendo il luogo dove in seguito Elena aveva deposto la croce, e bramando di possederla, si misero in cerca della santa reliquia e dopo infinite peripezie il destino volle che fosse l'imperatore Davide a trovarla. Infatti egli andò a Gerusalemme ed ottenne un pezzo della croce di Cristo. Davide morì martire durante il suo viaggio di ritorno, ma il pezzo della croce raggiunse l'Etiopia.
Da allora in poi il popolo d'Etiopia ha continuato a celebrare solennemente questo grande avvenimento, con sincere dimostrazioni di fede e di attaccamento alla croce sulla quale Cristo morì per salvare l'umanità.
Questa commemorazione simbolica di alto contenuto spirituale in cui esulta l'anima profondamente religiosa degli etiopici, si svolge con festose manifestazioni e con solenni cerimonie religiose. Alla vigilia si osserva un digiuno rigoroso e si inizia il caratteristico cerimoniale della festa.
Gli uomini si cingono il capo con una corona di ramoscelli di albero freschi, mentre i giovani del paese dopo il tramonto del sole si riuniscono e accese delle torce, composte di rami secchi d'albero ed euforbie, si recano prima in chiesa per compiere i rituali tre giri, poi girano per le case esprimendo i loro auguri.
Queste giulive fiaccolate simboleggiano, oltre che la luce del cristianesimo, anche la fine della stagione delle piogge con le sue nebbie e l'inizio della stagione dei raccolti con i suoi prati fioriti, dove spicca, vivace e caratteristico, un fiore dai petali gialli chiamato appunto "ghelghele meskel".
Anche le ragazze e le donne uniscono le loro voci ai canti che i giovani, portando in giro le loro torce accese, improvvisano come augurio di una stagione di letizia e di felicità. Inoltre, durante queste manifestazioni canore è consuetudine invitare gli uomini e le donne a compiere un piccolo salto sulle torce accese. Questo simboleggia, anche, il trapasso dalla stagione delle piogge e delle nebbie alla bella stagione del raccolto con il sole sfolgorante, fonte perenne di vita e di luce.
Così, mentre la notte della vigilia, illuminata dal bagliore delle fiaccole e resa dolce dal canto dei giovani e delle ragazze, si dilegua, sorge l'alba del giorno del "MESKEL".
La mattina, la popolazione nei suoi abiti di festa, si muove allegramente verso la chiesa o verso il piazzale dove si trova il "DAMERA": una catasta di euforbie o alberi secchi legati con dei nastri che ricorda quella della Regina Elena. Quivi il popolo si affolla nel suo abbigliamento vivace e festoso formando un magnifico quadro di colore e di letizia.
I preti e i diaconi nei loro sacri e multicolori paramenti accompagnati dai ritmi dei tamburi e dei sistri, come pure dai suoni del "meleket", dell' "embeità" e da altri strumenti musicali, procedono lentamente verso il luogo della cerimonia, mentre la popolazione si inchina devotamente davanti al sacro "TABOT" (l'ARCA) che portano in solenne processione.
Il sacro "TABOT" preceduto dal clero in policromi paludamenti e accompagnato dalle massime autorità con i "mezemeran" che cantano inni liturgici, formano un imponente corteo che gira tre volte intorno al "DAMERA", che, dopo essere stato benedetto, viene acceso dai preti officianti. Appena la catasta comincia a bruciare fra il clamore giulivo del popolo, il "TABOT" si sposta lentamente dalle fiamme che divampano, mentre la popolazione in gruppi di uomini e donne, di ragazze e ragazzi a cui si uniscono i militari presenti, girano intorno alle fiamme cantando canzoni di gioia e di buon augurio per la nuova stagione.
Intanto il popolo, con un crescendo di attenzione che diventa ansia, segue la direzione verso cui le fiamme si piegano e da questo segno si traggono gli auspici per il futuro e cioè se l'avvenire sarà foriero di pace o di guerra. Se i presagi sono favorevoli, allora l'esultanza trabocca e le manifestazioni diventano frenetiche. Danze, canti, grida di gioia s'intrecciano in un festoso tumulto. Una esplosione di allegria generale: intorno alle fiamme i più bravi cavalieri galoppano per dimostrare la loro abilità nel cavalcare e sparano per dar prova delle loro perizia nell'uso delle armi. E' una scena d'entusiasmo popolare veramente indescrivibile.
Durante la festa del "MESKEL" avvengono anche le premiazioni. In questo giorno le autorità conferiscono titoli, onori, medaglie e gradi a coloro che si sono distinti durante l'anno. Pertanto per molti questa festa significa anche il giorno della ricompensa del loro lavoro e della loro fedeltà al paese.
E' da ricordarsi infine che una settimana prima del "MESKEL", il giorno 10 "Meskerem" (20 Settembre) viene celebrato l'"AZIE MESKEL". In tale ricorrenza esponenti del clero, accompagnati dai "MEZEMERAN" si recano dalle massime autorità per porgere dei fiori, come espressione dell'inizio della stagione dei fiori e del buon raccolto.
Tutte significative cerimonie che dimostrano la gentilezza dei costumi e l'attaccamento alle tradizioni della gente etiopica, la cui fede inalterabile e continua nel corso solenne dei secoli, rappresenta un patrimonio spirituale ammirevole ed ammonitore in questi tempi di freddo materialismo.

Uno de tanti falò alla vigilia della festa del Meskel.

Tiziana e Enrico dalla Missione di Dubbo




In Diretta dall'Etiopia (2)





Sono ormai tre settimane che siamo a Dubbo, e ci siamo perfettamente integrati nella vita quotidiana della missione. Il black-out di Internet durato circa 2 settimane ci ha impedito di comunicare con l’Italia e di aggiornare il sito. Abbiamo vissuto la festa del Meskel, molto sentita, anche se disturbata dalle violente piogge che in quei giorni si sono abbattute sulla zona.

Una delle usanze della festa del meskel (per chi ne ha la possibilità), é di macellare un vitello per poterne mangiare la carne il giorno della festa. Non pensiate che il vitello si macelli in macelleria, perché l’operazione avviene all’aperto, seguendo un rito che tende a rispettare al massimo l’animale, che non deve rendersi conto della sua imminente fine. La macellazione all’aria aperta richiama nel giro di pochi minuti un numero incredibile di avvoltoi, che aspettano impazienti il momento in cui potranno nutrirsi con i residui della macellazione.

Canti e balli si sono susseguiti per tutto il giorno, si sentivano provenire rulli di tamburo da ogni dove. In particolare la sera della vigilia, attorno al falò eretto attorno ad una croce, uomini e donne, in gruppi separati, hanno ballato e cantato finché la luce del fuoco lo ha permesso.

Nella missione non abbiamo compiti ben definiti, ma giorno per giorno cerchiamo di renderci utili per ciò che serve.

Frequenti sono le nostre visite all’orfanotrofio, dove passiamo parecchio tempo a giocare con i bambini. È sempre una gioia stare con loro, che ormai ci conoscono e ci corrono incontro appena ci vedono arrivare. Ovviamente anche loro hanno le loro preferenze, così ognuno di noi si vede impegnato in particolare con alcuni di loro. Sono quasi tutti grandicelli, intendendo per grandicelli coloro che hanno 2 o 3 anni. La più piccola é Cristina, un angioletto di soli 5 mesi a cui siamo molto affezionati.

Anche con i bimbi che frequentano l’asilo é nato un bel rapporto, li vediamo entrare in fila in missione verso le 8,30 del mattino e ormai, la prassi é che quando ci vedono vengono tutti a darci la manina, facendo impazzire le maestrine che li vorrebbero vedere continuare tranquilli in fila verso l’asilo. È uno spettacolo vedere con quanta gioia e partecipazione vivono le attività organizzate per loro dalle maestre.

Un altro momento molto bello é quello del pasto di mezzogiorno, quando i bimbi vengono radunati ordinatamente seduti in file sotto una tettoia che li ripara dalla pioggia e dal sole. Viene quindi distribuito il cibo che cambia ogni giorno, the con biscotti vitaminizzati oppure fagioli con mais, fagioli con ceci, the con pane ecc. Anche noi aiutiamo a distribuire il cibo, ed é bello vedere la gioia con cui prendono dalle nostre mani il loro probabilmente unico pasto quotidiano, rispondendoci “Tossimo”, cioé “Grazie”.

Siamo stati anche alla missione di Konto, dove avevamo vissuto la nostra precedente esperienza, ed é stato bellissimo ed emozionante riabbracciare le ragazzine della squadra di calcio con cui era nato un bellissmo rapporto. Suzanna, una delle ragazze con cui ci siamo tenuti in contatto per tutto l’anno scrivendoci, ed a cui abbiamo regalato un libro per imparare la lingua italiana, ci ha invitato a casa sua per la cerimonia del caffé, per presentarci alla sua famiglia, invito che abbiamo accettato con grande gioia, anche perché sappiamo quanto siano importanti per loro questi momenti, é il loro modo di dimostrarci la loro gratitudine e la loro amicizia.

Nello scorso fine settimana, Sister Maria Regina ha organizzato per i volontari una gita ad Arba Minch, ( a tre ore di auto da Dubbo...), dove abbiamo visitato il villaggio di Chencha, abitato dalla tribù dei Dorze, che si distinguono per le loro capanne molto particolari e per la loro abilità nel tessere. La visita guidata al villaggio ci ha consentito di conoscere meglio questa antica tribù e le sue usanze, fra cui l’utilizzo del falso banano, importantissimo per la loro sopravvivenza, da cui ricavano cibo e una miriade di altre cose.

Abbiamo ancora una settimana davanti a noi, venerdì prossimo partiremo per Addis Abeba dove ci attende l’aereo per il viaggio di ritorno. Internet permettendo … faremo in modo di darvi ancora qualche notizia prima del rientro.

Un abbraccio a tutti voi.

                                                                                                   Tiziana e Enrico
Alzabandiera all'asilo della missione di Dubbo.

Tiziana e Enrico dalla Missione di Dubbo




In Diretta dall'Etiopia (1)





Sono passati ormai 5 giorni da quando abbiamo rimesso piede sul suolo Etiope, 13 mesi dopo la nostra prima esperienza. Ci stiamo abituando giorno dopo giorno alla quotidianità della missione, ben diversa da quella di casa. I primi giorni eravamo un po’ sfasati, un po’ per il viaggio (davvero pesante), un po’ perché faticavamo a dormire (qui alle 19:00 è buio, alle 21:00 si và a dormire e… alle 4 di notte si è svegli!), ma ora stiamo prendendo “il giro”, è tutto và decisamente meglio.

In questi primi giorni siamo già andati all’orfanotrofio, che quest’anno si prende cura di soli 12 bimbi, quindi c’è molta più calma, non c’è il caos dello scorso anno quando si dovevano tenere a bada ben 36 vivacissimi fanciulli.

Abbiamo incontrato Marta, la ragazzina dodicenne che abbiamo adottato a distanza, che ci ha fatto una grande festa, e ci ha commossi dicendoci che ora noi siamo la sua famiglia (di solito gli adottati hanno famiglia, mentre Marta è stata abbandonata ed è stata accolta nell’orfanotrofio).

Al mattino verso le 8:30 arrivano i bimbi dell’asilo, ed abbiamo assistito all’alzabandiera con tutti questi piccolini che cantano a squarciagola l’inno nazionale, un vero spasso… Durante il nostro primo incontro con questi bimbi, Sister Regina ci ha presentati, e dopo le solite raccomandazioni di tipo educativo, ha detto loro che avrebbero ricevuto in dono delle caramelle che abbiamo portato dall’Italia. Da quel momento, ogni volta che ci vedono, ci salutano sbracciandosi per essere sicuri che li abbiamo visti, e se ci passano accanto, non possiamo non dargli la mano, perché la cercano proprio, ed alcuni di loro, in segno di riconoscenza e rispetto, addirittura la baciano… momenti di emozione grandissimi, che ci riempiono il cuore di gioia.

Abbiamo visitato anche gli asili di Areka e di Hembecho, quest’ultimo piccolo e semplice, con il minimo indispensabile, ma accogliente e funzionale, nonostante si trovi nel bel mezzo della foresta, in una zona davvero povera, dove non c’è nulla. A pensare al luogo in cui eravamo, vedere tutti questi bimbi con i grembiulini belli puliti, azzurri per i maschietti e rosa per le femminucce, è stato davvero bello, una gioia per gli occhi e per il cuore. Anche in questi due asili i bimbi ci hanno fatto una grande festa, ed è stato davvero bello passare un po’ di tempo assieme a loro.

Il periodo delle piogge è tutt’altro che finito, piove praticamente tutti i giorni e la pioggia si alterna al sole, che quando splende è davvero molto caldo. Oggi c’è stato un temporale spaventoso, pioggia battente a vasche (si, proprio a vasche, non a bacinelle come succede da noi…) e una grandinata che ha tritato tutto, verdura, erba e foglie degli alberi, un vero diluvio durato circa 45’. Mentre assistevamo al diluvio, pensavamo alla gente che vive nei tucul, al disagio che situazioni come questa provocano in chi ha poco più di nulla.

Fra due giorni ci sarà la Festa del Meskel, che per gli etiopi è più importante anche del Natale e fervono i preparativi per la festa. Siamo proprio curiosi di assistervi, Sister Maria regina dice che ne vale davvero la pena (è una giornata di festa, tutte le attività si fermano, anche le scuole sono chiuse).

Sister Maria Regina è un vero spasso, stare con lei è davvero piacevole, non perde occasione per una battuta, anche quando si tratta di sdrammatizzare qualche situazione. Vedendo dal di dentro la vita della missione, ci stiamo rendendo conto di quanto tutto sia organizzato alla perfezione, un meccanismo ben oliato che gira a meraviglia e che avremo modo di scoprire ancora meglio nel prosieguo della nostra esperienza quaggiù.

Un saluto a tutti e appuntamento alla prossima puntata della nostra avventura, energia elettrica e collegamento internet permettendo (l’energia elettrica è un tormento, in questi primi giorni è mancata spessissimo, creando grande disagio nonostante la presenza di un provvidenziale generatore).

                                                                                                   Tiziana e Enrico

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