Missionarietà
Cosa significa essere missionari?
Noi tutti siamo missionari in virtù del nostro battesimo e dobbiamo portare l'annuncio del Vangelo: “Con lo stesso slancio dei cristiani della prima ora”, ad ogni singola persona alla ricerca delle ragioni profonde per vivere in pienezza la propria esistenza.
Essere missionari vuol dire, nel mondo contemporaneo, remare contro corrente, che non vuol dire essere contro il progresso, ma pensare un modo nuovo di fare il progresso. Progresso è avere un lavoro, una casa, poter vivere degnamente come qualsiasi essere umano. L'economia si dovrebbe basare sull'avere il giusto per vivere, non sull'accumulo di beni, cioè un modo di vedere molto differente da quello dominante nel mondo.
Non dobbiamo vivere nella più totale indifferenza per paura di perdere le nostre comodità, bisogna avere il coraggio di aprire gli occhi e lasciarci scavare l'anima dal fratello.
Tutti gli uomini hanno pari dignità e portare tutti ad avere il necessario per vivere, non è un atto di carità, ma semplicemente giustizia.
Essere missionari significa, dunque, fare proprio uno stile di vita più sobrio, più orientato al prossimo; sobrietà non significa povertà, ma saper distinguere il necessario dall'utile e dal superfluo. Essere missionari non è solo partire per terre lontane, ma avere una capacità d’apertura e predisposizione al dialogo con ogni uomo, nello stile dell'accoglienza e della solidarietà. Missione, quindi, non è un luogo dove "andare per fare qualcosa", ma piuttosto un luogo dove "andare per stare con qualcuno".
Noi non dobbiamo essere quelli che vanno a portare la civilizzazione, ma quelli che risvegliano le potenzialità che sono già insite in ogni uomo. Il compito del missionario è di aiutare le persone ad analizzare la propria situazione e a decidere quali soluzioni adottare per migliorare la propria vita. Portare alfabetizzazione, aprire le menti, far emergere le potenzialità che ognuno ha dentro di sé, perché, come diceva Giovanni Paolo II: “Lo sviluppo di un popolo non deriva primariamente né dal denaro, né dagli aiuti materiali, né dalle strutture tecniche, bensì dalla formazione delle coscienze, dalla maturazione delle mentalità e dei costumi”. È l'uomo il protagonista dello sviluppo, non il denaro o la tecnica.
La fame d'istruzione, non è in realtà meno deprimente della fame d’alimenti: un analfabeta è uno spirito sotto alimentato. Spesso i poveri hanno un senso d’inferiorità nei confronti di noi occidentali, non credono in sé stessi; nostro compito è proprio quello di far emergere le loro capacità e portarli alla consapevolezza che ognuno è l'artefice del proprio destino. Abbiamo parlato di poveri e non di paesi poveri, perché è il nostro stile di vita che li sta impoverendo: non sono nati poveri, ma lo sono diventati. Essere missionari, è impegnarsi per riequilibrare questo divario che abbiamo creato con il nostro stile di vita, è credere nell'uomo, amarlo e condividere con lui la medesima speranza: quella che si alimenta ogni giorno in Gesù Cristo.
Amare il prossimo non è un obbligo, ma una scelta di vita!