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Volontari




Natale a Salamanca

 


Mi concedo un’ora di pausa dallo studio pomeridiano e faccio due passi per strade di Salamanca. Il vento è gelido e si aggira pungente tra le strade del centro. Le luminarie colorate gettano luci allegre sui passanti che sbirciano le vetrine alla ricerca del regalo giusto per il Natale. Sotto un portone della Calle Zamora un ragazzo suona un violino scordato e il suo fedele cagnolino lo ammira accucciato sopra una coperta sudicia. La via è strapiena di gente, un fiume di berretti e sciarpe colorate. Tutti vanno di fretta, saltano da una vetrina all’altra. Una donna sta seduta ai piedi di un lampione con le mani tese, una ciotola sbeccata con pochi spiccioli e un cartello appoggiato a terra con una scritta illeggibile. Una ragazzo, bardato come un alpinista appena sceso dal K2, distribuisce pubblicità di uno dei mille bar della città. Una coppietta sta abbracciata su una panchina, sembra un innesto vivo su quel tronco gelido in attesa di vita calda. Con fatica esco dal fiume in piena delle compere natalizie e varco il portone di una delle bellissime chiese del centro. Mi chiudo la porta alle spalle e subito il silenzio, finalmente, viene a farmi visita. La chiesa è quasi buia e deserta, solo una signora anziana sgrana il rosario e bisbiglia le sue orazioni sotto voce. Qualche candela accesa agli altari laterali esalta la bellezza della pietra dorata di Villamayor, elemento essenziale delle costruzioni di Salamanca.

In una delle cappelle laterali è stato allestito il presepe. Bello, semplice, tradizionale. Mi siedo lì vicino e osservo i vari personaggi. Ognuno è intento nel suo lavoro: il panettiere, il pescivendolo, il pastore e molti altri. Trovo pure il mio personaggio preferito: il dormiglione. Una striscia sottile di farina traccia i sentieri di quell’angolo di Bethlemme e uno specchio ovale regala acqua luminosa alla memoria della nascita del piccolo Gesù. La grotta con Maria e Giuseppe è costruita in un angolo. Bella, ampia, ordinata. Gli angeli svolazzano felici e il cucciolo di Messia sorride sereno.

Forse la scena è dipinta con caratteri eccessivamente zuccherini, ma c’è un elemento che attira la mia attenzione: tranne Maria e Giuseppe nessuno dei presenti sulla scena è rivolto a Gesù. Ciascuno è preso dai suoi affari. Ciascuno è preoccupato delle sue cose. Forse il piccolo Gesù non aveva riccioli biondi e guanciotte paffute come nella ricostruzione salmanchina, ma di certo la sua nascita è avvenuta in questo contesto di totale indifferenza.

E forse, realmente, è così anche oggi. Ognuno corre per la sua strada, bada ai suoi affari, si lamenta per la crisi, sbuffa per la politica e per gli intrighi del potere, prepara il menù per le feste di Natale, spera di passare giornate di totale riposo, ricicla qualche regalo per i parenti…

E Lui è lì, in quella culla improvvisata in una mangiatoia.

Gesù nasce nell’indifferenza per fare la differenza.

Da quel giorno in cui Dio ha preso carne nella nostra carne, in cui l’eterno è entrato nel tempo, nulla è come prima. Da quella notte, in cui il primo vagito dell’Altissimo stretto tra le braccia esili e coraggiose di Maria ha riempito la stalla di Bethelemme, è iniziato un tempo nuovo. Il Suo primo respiro ha segnato il punto zero della nostra era. Lui fa la differenza. Ora non è più possibile non schierarsi. L’indifferenza è rifiuto.

O con Lui o contro di Lui. O sulla roccia o sulla sabbia. Non esistono misure di compromesso o scorciatoie. Quel bimbo infreddolito è la nostra dolce rovina: davanti alla sua culla, come davanti alla sua Croce, è ammesso solo il silenzio pieno della contemplazione. L’altro silenzio, quello abitato dall’indifferenza, è il rumore sordo e freddo del rifiuto, è il frastuono caotico che non ha permesso all’innominato ricco di accorgersi del povero Lazzaro.

E ancora, dopo duemila anni, il cucciolo di Messia rimane lì, in quella culla.

Rimane lì per tutti, perché tutti possano accoglierlo, dire sì, scoprire la bellezza gratuita di un amore che chiede solo di essere accolto, che chiede solo di poter amare.

Rimane lì per chi lo ha scelto con tutto il cuore e ha la sensazione di essere rimasto a mani vuote e ora si fa la stessa pungente domanda di Pietro: e noi cosa ne avremo? Ecco perché sei a mani vuote: per abbracciare quel bimbo.

Rimane lì per chi ha la sensazione di aver sbagliato tutto e non ha la forza di ricominciare, perché davanti a quella vita nuova e spumeggiante ricordi che la scintilla della vita di Dio abita la nostra umanità.

Rimane lì per chi si sente diverso, perché ricordi che questa è l’unica cosa che tutti abbiamo in comune e che il Figlio di Dio fatto uomo ha abbattuto ogni muro e ha insegnato a pregare un unico Padre che è “nostro”.

Rimane lì, immobile davanti alla nostra indifferenza, sperando che il soffio dello Spirito trovi uno spiraglio per scalzare le nostre immobilità e ci ribalti dai bastioni delle nostre paure.

Sento una mano che mi tocca la spalla.

“Tengo que cerrar” (Devo chiudere), mi dice un signore anziano sottovoce.

“Lo siento, ya me voy…” ("Mi dispiace, me ne vado...")

Lancio un ultimo sguardo alla mangiatoia...

Rimani lì, Signore.

(Don Roberto)

Volontari





Volontari - Chi ve lo fa fare?



 

 

"Oltre 7 milioni di italiani lavorano senza essere pagati. Il dato arriva dall’Istat, ma non denuncia situazioni di crisi o sfruttamento, piuttosto un fenomeno ben più positivo: il volontariato.

A livello sociale il volontariato è una risposta alle necessità nate in seguito alla crisi economica e alla presenza sempre più massiccia di stranieri nelle nostre città. L’azione dei volontari va a compensare le lacune del welfare pubblico e permette di soddisfare i bisogni di accoglienza, cura, assistenza di un numero sempre crescente di poveri, anziani, migranti.

Ma non solo. Questa attività risponde anche alle esigenze profonde di chi fa volontariato. Gli studi recenti individuano due motivazioni principali che spingono a compiere buone azioni. La prima è legata al bisogno di mettere in pratica gli ideali religiosi o civili in cui si crede. La seconda alla realizzazione personale, cioè alla possibilità di esprimere capacità e attitudini che non si riescono a realizzare altrove."

                                              (da Donna moderna - 8 novembre 2017)

 

Questo breve estratto dall’articolo della rivista ci da modo di approfondire  alcuni aspetti dell’attività della nostra Associazione.

Oltre ad interventi in Italia, là dove ci vengono segnalate situazioni di particolare disagio, ci occupiamo di gente lontana geograficamente dal nostro Paese. Gente che solo alcuni di noi incontreranno durante i campi di lavoro estivi presso le Missioni.

Eppure possiamo affermare con certezza di conoscere le loro necessità, le situazioni, la disperazione. Sappiamo del loro desiderio di potersi affrancare mediante l’istruzione. Della esigenza di  servire un pasto sostanzioso alle famiglie, di trovare le cure e l’assistenza sanitaria necessarie. Siamo costantemente informati dai nostri referenti che lavorano sui luoghi.

Non siamo visionari sterili. Spendiamo il nostro tempo e le nostre capacità nel reperire i fondi che ci permettono di realizzare sostegni e progetti. E lo facciamo tutto l’anno inventandoci i modi e le occasioni.

Il nostro bilancio annuale è la prova concreta e tangibile della serietà e della trasparenza che ci rendono orgogliosi.

Il nostro GRAZIE va a tutti voi che ci seguite con affetto e ci gratificate costantemente. Perché la passione con la quale lavoriamo è ben riposta, amici.

Le attività si intensificano in occasione del Santo Natale. Seguiteci. Noi tutti siamo a vostra disposizione. Potrete vedere sul sito o tramite i volontari le proposte di strenne. Interpellateci!

Vi aspettiamo con gioia alla serata del 13 dicembre all’Auditorium Don Bosco di Cascina del Sole. Una divertente commedia dialettale della Filodrammatica Bollatese seguita da una panettonata con bollicine per augurarci un sereno Natale.

A presto!

Giornata Missionaria Mondiale 2014

1 Novembre 2017



E' brutto pensare alla morte



Il filosofo Epicuro scriveva che è sciocco avere paura della morte, perché quando noi viviamo la morte non c’è, e quando c’è lei non ci siamo noi. Questa frase si capisce a partire dal suo pensiero che dice questo: se il piacere e la sofferenza sono entrambi legati al sentire, la morte altro non è che l’assenza del sentire. Perciò se la morte equivale a non sentire nulla, è inutile angustiarsi.

A nessuno piace pensare alla morte. Si teme l’attesa della morte e la sua modalità. Eppure non è così che si elimina il problema. La natura è fatta così, tutto nasce, cresce, si riproduce e poi muore.

Riflettere sulla nostra fine ci spaventa, ci lascia smarriti, ma non dobbiamo vivere distrattamente, come se questo evento non si dovesse verificare mai. E’ sbagliato far finta di nulla.

Ho letto una volta una cosa curiosa: la vita è come avere ogni mattina qualcuno che ti versa sul conto 86.400 euro. Tu puoi spenderli bene o male, come vuoi. Giunta la notte il tuo conto si azzera, ma la mattina dopo avrai gli stessi soldi e la mattina dopo ancora e ancora.

I secondi contenuti in una giornata sono 86.400: tu puoi scegliere di spenderli al meglio, oppure puoi scegliere di spenderli male, o così così.

E’ una strana metafora, eppure rende l’idea: infatti nel linguaggio comune usiamo il verbo “spendere” sia con il denaro che con il tempo. Credo che il desiderio di una vita buona sia di grande aiuto nella paura della morte, perché alla fine, quando ciascuno farà il bilancio del proprio percorso sulla terra, sapere di avere compiuto qualcosa che rende la vita degna di essere vissuta è il motivo che renderà accettabile la morte.

 (da Credere n. 22 del 28 maggio 2017 - Francesca Fabris)

 

Sperare





Sperare



 

 

Adesso la speranza la vendono per poco. E’ crollata la fiducia nelle statistiche e nelle proiezioni che assicuravano la fine della crisi, la cosiddetta “ripresa” che dovrebbe chiudere come una parentesi da dimenticare anni di difficoltà e autorizzare a spendere e a spandere “come prima” alla faccia dei poveri. Perciò adesso si dice: “speriamo”.

Le promesse della scienza che assicurava di trovare un vaccino per tutto e di garantire una vita lunga e felice si sono rivelate piuttosto problematiche e a proposito della scienza si comincia a dubitare che sia tutto bene quello che riesce a fare e disfare. Perciò i malati dicono: “speriamo”

I discorsi dei politici sono venuti a noia a molti e quasi non si ascoltano più i progetti per rendere più sopportabili le cose, mentre si vive ingarbugliati in complicazioni irritanti. Perciò la gente dice (o piuttosto sospira): “speriamo”.

La speranza si vende a poco, è una maniera vaga di fidarsi della vita, un modo di dire per dare una scusa alla pazienza.

La speranza che vale, la virtù cristiana che ha sostenuto i santi e generato i martiri, non è l’ingenua aspettativa a proposito del futuro, ma la fiducia nelle promesse di Dio e nella sua salvezza. Non riguarda l’indice della borsa ma la gioia perfetta ed eterna. Non confida nella diminuzione delle tasse, ma aspetta il ritorno del Signore risorto.

E poiché si sente autorizzata a puntare così in alto, non ha paura di niente e mette mano con una sorta di slancio infaticabile all’impresa di aggiustare il mondo: non costruisce per sé un angolino tranquillo nelle tribolazioni della storia, ma si appassiona alla missione, come quel servo che vive aspettando il ritorno del Signore.

(da “Vocabolario della vita quotidiana” Mario Delpini Arcivescovo di  Milano)

Giornata Missionaria Mondiale 2014

22 Ottobre 2017




Giornata Missionaria Mondiale





Padre nostro missionario

PADRE - che consideri tutte le persone uguali

NOSTRO - di ognuno, di tutti quei milioni di persone che abitano la terra, senza differenza di età, colore o pelle

CHE SEI NEI CIELI - e sulla terra e in ciascuna persona, negli umili ed in coloro che soffrono

SIA SANTIFICATO IL TUO NOME - nei cuori pacifici di uomini e donne, bambini, anziani, qui e altrove

VENGA IL TUO REGNO - il tuo regno di pace, amore, giustizia, verità e libertà

SIA FATTA LA TUA VOLONTA’ - sempre e tra tutte le nazioni e tutti i popoli

COME IN CIELO COSI’ IN TERRA - che i tuoi piani di pace non siano distrutti dai violenti e dai tiranni

DACCI OGGI IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO - che sia impastato di pace e di amore e allontani da noi il pane della discordia e dell’odio che genera gelosia e divisione

DACCELO OGGI - perché domani potrebbe essere troppo tardi. Stanno già puntando i missili e forse, qualcuno li sparerà

RIMETTI A NOI I NOSTRI DEBITI -,non come perdoniamo  noi ma come perdoni tu, senza risentimento, senza rancore nascosto

NON CI INDURRE IN TENTAZIONE - di guardare gli altri con sospetto, di dimenticare i nostri fratelli e le nostre sorelle nel bisogno, di accumulare per noi stessi ciò che potrebbe essere necessario per gli altri, di vivere bene a spese altrui

LIBERACI DAL MALE - che ci minaccia, dall' egoismo dei potenti, dalla morte causata dalle guerre e dalle armi, perché siamo in tanti, Padre, a desiderare di vivere in pace e di costruire la pace per tutti.

                                                                      (Don Orione)

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