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Giuseppe in Etiopia

Giuseppe dalla missione di Asco (Etiopia)



Appunti di missione

dall'Etiopia

e

Buon Anno!

Ci sono giorni in cui mi sento benone, altri in cui ti chiedi se ce la farai,
Ci sono giorni in cui il cibo sembra buono e sufficiente, altri in cui ti pare misero e cattivo (d'altronde le missioni delle Sorelle Della Carita' di Madre Teresa di Calcutta, sono riconosciute per essere "essenziali" e spartane).
Ci si disidrata molto, per l'altitudine, e per la stagione secca, quasi arida.
A volte ci si sforza di vedere le cose positive: bevo 3-4 the' al giorno, non mangio carne, mangio riso, legumi, qualche volta la pasta, ed un sacco di frutta topicale (Mango, Papaya, Avocado, Ananas, Banane), che qui e' ovviamente gustosa, saporita ed energetica.
L'aria e' pulitissima, e l'adattamento, dopo due settimane qui, a quasi 3000 Mt di altitudine, e' davvero un buon un'allenamento atletico (la prossima estate, chissa', vorrei scalare un 4000 Mt). Insomma ci si "ripulisce", e ci si tempra.
Il 2 Gennaio parto, per qualche giorno, per un viaggio nel Paese (i voli interni costano davvero poco).
Un saluto e Buon anno Nuovo (che qui non si festeggia, perche' nel calendario copto, il nuovo anno comincia il 12 Settembre).
Giuseppe

Lettera a mio nipote, dall'Africa.
                                                                                                        di Giuseppe Luca Mantegazza

Filippo caro,
vorrei che tu potessi leggere questa mia lettera: a te la indirizzo, sapendo che lo farai, quando sarai un po’ piu’ grandicello.
Avrei voluto scriverti prima, ma non e’ facile trovare il tempo per farlo: solo di sera riesco ad essere un po’ libero per scrivere, ma a quell’ora, spesso, ci sono dei black-out elettrici; ho provato anche a scrivere a mano su un foglio, a lume di candela, ma davvero non mi riesce: troppe difficolta’ a rileggere quello che scrivo (pessima la mia calligrafia), e troppa l’abitudine e la dipendenza al computer. Sembra che i miei pensieri fluiscano meglio con una tastiera, che non con una penna in mano.
In questo Paese ci sono zone, piu’ grandi di tante regioni italiane, in cui non c’e’ traccia di luce elettrica, e dove non arriva acqua corrente: eppure qui, in Etiopia, si stanno costruendo dighe ovunque; in particolare una, nel Nord, sul Nilo Azzurro, diventera’ la piu’ grande d’Africa, la terza nel Mondo.
La stanno costruendo i cinesi, e la ditta Salini, la piu’ grande impresa italiana che lavora per la cooperazione, che al Sud, nella Valle dell’Omo (nella zona in cui hanno ritrovato il nostro antenato Lucy), ha gia’ costruito una diga, che, qualche giorno dopo l’inaugurazione, alla presenza di un sottosegretario del nostro Governo, e’ in parte crollata.
Il colonialismo, o neo-colonialismo, in Africa non si e’ mai fermato: semmai si e’ aggiornato con nuove forme, come il land-grabbing, che in pratica consiste in questo: grosse multinazionali occidentali ed asiatiche dell’energia e dell’agro-alimentare, acquisiscono (con l’egida della banca mondiale, del fondo monetario internazionale, e con il beneplacito di governi locali compiacenti) terre cotivabili e fonti d’aqua, per produrvi derrate alimentari, biocarburanti ed enegia, da rivendere.
A guadagnarci sono, oltre a queste multinazionali, gli speculatori ed i grossi gruppi finanziari globali, non di certo le popolazioni locali, che, anzi, si impoveriscono sempre di piu’.
Tante’, questa e’ l’Africa, terra ricchissima di risorse, ma tanto povera; terra di enormi contraddizioni, pensa: l’Etiopia cresce di quasi il 10 % di Pil l’anno, ma secondo i dati delle Nazioni Unite, risulta tra i primi 10 Paesi piu’ poveri in assoluto al Mondo.
Piccolo Filippo, ti scrivo dall’orfanotrofio di Asco, che si trova in un sobborgo poverissimo, a nord di Addis Abeba: ti scrivo perche’ ho capito il motivo, per cui, nella mia attivita’ qui al centro, mi affeziono soprattutto ai bimbi della tua eta’; e’ semplice: in loro rivedo te.
Penso a te, quando, tutte le mattine, vado in clinica a trovare i piccoli, ricoverati perche’ malconci per denutrizione, o per complicazioni dovute alla sieropositivita’: rivedo te, in Ethiopia (che bel nome, proprio come quello del suo Paese!), la bimba che mi sorride sempre, dal suo lettino, appena mi vede entrare con un palloncino colorato in mano.
Ha la tua stessa eta’, e’ un’orfana sieropositiva, con due occhioni curiosi e lumiosi come i tuoi, luminosi come la luna piena di ieri notte, che rischiarava la terra rossa ed i tetti di lamiera, dove si riparano centinaia di migliaia di persone, e di bimbi, come te.
Mi stupisco ogni mattina, quando in clinica ritrovo Teresa, un’altra bimba, questa un po’ piu’ grande di te, ha 12 anni, ma pesa meno di te, che di anni ne hai due e mezzo: ogni volta che la saluto, e lei mi risponde sorridendomi, penso a se, l’indomani, sara’ ancora tra noi, su questa Terra.
Quando esco dalla clinica dell’orfanotrofio, mio piccolo Filippo, sento il bisogno di “tirare il fiato“, e di camminare fin quasi allo sfinimento: e lo faccio, uscendo dal centro, per almeno un’oretta, la mattina.
Lungo il tragito, incrocio tanti altri bimbi che, sempre, mi sorridono; vedessi quanti ce ne sono qui in Etiopia, pare un Paese di bimbi, li vedi ovunque: nelle strade, sugli autobus; i piu’ piccoli in braccio o sulla schiena delle loro mamme; i piu’ grandicelli, quelli che vanno a scuola, in gruppi ordinati e precisi, con le loro divise e cartelle sulla schiena, colorate.
Gia’, tutto qui e’ colorato; il continente da cui ti so’ scrivendo e’ a colori, altro che continente nero: la terra e’ colorata di un rosso vivo;
di giorno - il cielo - ha straordinarie e forti tonalita’ d’azzurro, mentre al tramonto si dipinge d’ amaranto;
la notte, invece, scurisce, di un nero pesto, la terra, mentre le stelle, rischiarano, di un bianco luminoso, il cielo.
Chissa’, forse anche il cielo e la terra sanno che qui, in questo continente, c’e’ tanta sofferenza, ed anche tanta morte, per malattie, poverta’, guerre: ed allora sembra che, anche loro, si protraggano alla vita, un po’ come fanno le foglie e le piante da noi, in Italia, in autunno, quando si dipingono di colori straordinari, prima della venuta del freddo, dell’inverno.
E verso la vita si protraggono gli uomini, i bimbi, e soprattutto le donne: straordinarie nel portare e reggere il peso di situazioni endemiche di malattie, poverta’ e miseria.
Si protraggono alla vita, ed a Dio.
Mio piccolo Filippo, amo questa Terra, amo viaggiare, amo l’avventura e conoscere nuove persone, ma l’amore che provo per te, non ha eguali.

p.s Perdonami, quando, tra 15 giorni, riabbracciandoti, non riusciro’, come invece sto facendo qui, a trattenere quache lacrima.
Lo zio Beppe.

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