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Chiusura totale

 


Madiba

   

 


Dopo essere diventato presidente, ho chiesto ad alcuni membri della mia guardia del corpo di andare a fare una passeggiata in città. Dopo la passeggiata, siamo andati a pranzare in un ristorante. Ci siamo seduti in uno dei più centrali, e ognuno di noi ha chiesto cosa voleva. Dopo un po’ di attesa, è comparso il cameriere che portava i nostri menù, in quel momento mi sono accorto che al tavolo che era proprio davanti al nostro c'era un uomo solo che aspettava di essere servito. Quando è stato servito, ho detto a uno dei miei soldati: vai a chiedere a quell'uomo di unirsi a noi.  Il soldato andò e trasmise il mio invito. L'uomo si alzò, prese il piatto e si sedette accanto a me. Mentre mangiava, le sue mani tremavano costantemente e non alzava la testa dal cibo. Quando abbiamo finito, mi ha salutato senza nemmeno guardarmi, gli ho stretto la mano e me ne sono andato!
Il soldato mi ha detto: “Madiba, quell'uomo deve essere molto malato, dato che le sue mani non smettevano di tremare mentre mangiava”. “Affatto! Il motivo del suo tremore è un altro” ho risposto. Mi hanno guardato in modo strano e ho detto loro: “Quell'uomo era il guardiano del carcere in cui sono stato rinchiuso. Spesso, dopo la tortura a cui sono stato sottoposto, urlavo e piangevo per avere dell'acqua e lui veniva ad  umiliarmi, rideva di me e invece di darmi acqua mi urinava sulla testa. Non era malato, aveva paura e tremava forse temendo che io, ora che sono presidente del Sud Africa, lo mandassi in prigione e facessi la stessa cosa che ha fatto con me, torturandolo e umiliandolo. Ma io non sono così, quel comportamento non fa parte del mio carattere, né della mia etica. Le menti che cercano vendetta distruggono gli Stati, mentre quelle che cercano la riconciliazione costruiscono le Nazioni".

                                                              (Nelson Mandela)

L'orologio

 


L'orologio

   

 

Un anziano incontra un giovane che gli chiede:
- Si ricorda di me?
Il vecchio gli dice di no.

Allora il giovane gli dice che è stato il suo studente. E il professore gli chiede:
- Ah sì? E che lavoro fai adesso?

Il giovane risponde:
- Beh, faccio l’insegnante.

- Oh, che bello come me? gli dice il vecchio.
- Beh, sì. In realtà, sono diventato un insegnante perché mi ha ispirato ad essere come lei.
L'anziano, curioso, chiede al giovane di raccontargli come mai. E il giovane gli racconta questa storia:
- Un giorno, un mio amico, anch'egli studente, è arrivato a scuola con un bellissimo orologio, nuovo e io l’ho rubato. Poco dopo, il mio amico ha notato il furto e subito si è lamentato con il nostro insegnante, che era lei. Allora, lei ha detto alla classe:

- L'orologio del vostro compagno è stato rubato durante la lezione di oggi. Chi l'ha rubato, per favore, lo restituisca.
Ma io non l'ho restituito perché non volevo farlo.
Poi lei hai chiuso la porta ed ha detto a tutti di alzarci in piedi perché avrebbe controllato le nostre tasche una per una. Ma, prima, ci ha detto di chiudere gli occhi. Così abbiamo fatto e lei ha cercato tasca per tasca e, quando è arrivato da me, ha trovato l'orologio e l'ha preso. Ha continuato a cercare nelle tasche di tutti e, quando ha finito, ha detto:
- Aprite gli occhi. Ho trovato l'orologio.

Non mi ha mai detto niente e non ha mai menzionato l'episodio. Non ha mai fatto il nome di chi era stato quello che aveva rubato. Quel giorno, lei ha salvato la mia dignità per sempre. È stato il giorno più vergognoso della mia vita. Non mi ha mai detto nulla e, anche se non mi ha mai sgridato né mi ha mai chiamato per darmi una lezione morale, ho ricevuto il messaggio chiaramente. E, grazie a lei ho capito che questo è quello che deve fare un vero educatore. Si ricorda di questo episodio, professore?
E il professore rispose:
- Io ricordo la situazione, l'orologio rubato, di aver cercato nelle tasche di tutti ma non ti ricordavo, perché anche io ho chiuso gli occhi mentre cercavo.


Questa è l'essenza della decenza. Se per correggere hai bisogno di umiliare, allora non sai insegnare.

Chiusura totale

 


La ferita di Beirut

la sposa d'oriente

   


Martedì 4 agosto 2020, nel porto di Beirut, capitale del Libano, è avvenuta una gigantesca esplosione che ha sventrato la città spargendo morte e devastazione. Il porto, attraverso cui il Libano importa la maggior parte del suo fabbisogno energetico e alimentare, è stato quasi completamente distrutto. Con esso anche ospedali, case, chiese e moschee, alberghi e negozi. Più di cento sono stati i morti e migliaia i feriti.

Al momento dell’esplosione i libanesi, chiusi in casa a causa dell’emergenza COVID–19 che era tornata a paralizzare la Nazione negli ultimi giorni, si sono precipitati a soccorrere i propri connazionali: medici e personale sanitario hanno aperto ospedali e cliniche all’afflusso dei feriti, albergatori hanno messo le loro strutture a disposizione per accogliere gli sfollati fuggiti dalle proprie case distrutte. Lo stesso hanno fatto conventi, monasteri, chiese e moschee.

Il patriarca maronita Bechara Boutros Rai ha dichiarato che nella città si è assistito a “uno scenario di guerra senza guerra” e, proseguendo, che “ciò è avvenuto proprio mentre lo Stato libanese si trova in una situazione di bancarotta economica e finanziaria che lo rende incapace di affrontare questa catastrofe”, con il popolo ridotto “in condizione di povertà e miseria”.

Il Libano, piegato negli ultimi anni da enormi problemi di ordine politico, finanziario, economico e sul fronte della sicurezza nazionale, ora merita tutto il sostegno possibile per rimettersi in piedi, prescindendo da ogni considerazione e calcolo politico e geopolitico, perché ciò che è accaduto va oltre la politica e va al di là dei conflitti.

(don Armando Nolli)

NB: il Consiglio Direttivo della nostra associazione si è riunito in videoconferenza in data 6 agosto alle ore 20,30 e ha deliberato di stanziare euro 1.000,00 (mille/00) per l’emergenza in Libano, in risposta all’appello lanciato dai Frati Cappuccini di Lombardia. Questo importo verrà trasformato in bancali di cibo da inviare a mezzo container con destinazione Frati del Libano – Beirut.

Chiusura totale

 


Chiusura totale

   



Per ora è andata. Dopo quasi tre mesi di chiusura totale e parecchi morti noi siamo qui, ancora vivi e vegeti.

Il brutto è che abbiamo conservato tutti i difetti possibili nonostante le promesse di essere migliori, di non dimenticare, di guardare il futuro con nuove prospettive.

Nossignori: uguali se non peggio. Sempre pronti soprattutto a guardare la pagliuzza nell’occhio dell’altro con la vista offuscata da una trave enorme nel nostro.

I danni psicologici provocati da questo isolamento forzato sono purtroppo tanti.

Noi anziani ce ne accorgiamo ogni giorno. Molti con una nuova paura di uscire dal guscio. Altri con problemi fisici acuiti dall’immobilità.

Anche per i bambini e i giovani le video lezioni non hanno certo potuto sostituire la socialità e il contatto con gli amici e gli insegnanti.

Lo smart working per fortuna ha salvato gli stipendi di molte famiglie. Molti nonni si sono ritrovati baby sitter a tempo pieno per permettere ai genitori di lavorare da casa.

Se molte attività lavorative sono riprese, non si hanno notizie certe sull’inizio delle lezioni scolastiche.

In conclusione: mai ci saremmo aspettati di vivere una esperienza del genere. Nel nostro mondo occidentale ci sentivamo al sicuro. Le notizie delle epidemie in Africa ci sfioravano ma con la medicina all’avanguardia, la scienza pronta a trovare soluzioni l’idea di morire così in massa era bandita dalle nostre menti.

La nostra Associazione, lavorando con Etiopia ed Eritrea, riesce ad avere il polso di quello che accade dove la massima povertà non dà scampo: igiene, cibo e comunque tutti i beni primari sono sempre difficili da ottenere.

Quindi, anche se chiusi nelle nostre case, abbiamo continuato a sviluppare le idee.

Dopo le vacanze vi racconteremo nei dettagli i nostri progetti per i quali chiederemo ancora il vostro aiuto.

Un augurio a tutti perché il vento del “cambiamento” in positivo spiri per  noi.

Buona e fruttuosa estate.

                                        I volontari de Il Seme della Speranza o.n.l.u.s.

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