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NOTIZIE dall'AFRICA

Giuseppe in Etiopia

Giuseppe da
Addis Abeba (Etiopia)



Appunti di missione - 2

Questa terra mi è lieve!


 

Vi scrivo dalla capitale etiope, in cui sono arrivato stamattina, dopo un viaggio notturno, sotto una luna piena che illuminava le terre sorvolate, dopo aver percorso, in senso inverso, e su un "comodo" seggiolino di un airbus di linea, la rotta dei migranti che giungono dal Corno d’Africa all'Europa (Sahara sudanese ed egiziano, Libia, Mediterraneo e Sicilia).

L’impatto con l’Africa e’ duro: la poverta’ estrema, infame, che grida giustizia, continua a scuotermi, nonostante la mia “recidivita’” nel recarmi in queste terre, nonostante la mia esperienza sul campo, che forse avrebbe dovuto dotarmi di corazza (?).
L’impatto con la capitale etiope e’ duro fisicamente: acclimatarsi all’altitudine, alle condizione metereologiche, all’aria, e’ provante (forte escursione termica, temperature comprese tra i 10 ed i 25 gradi).
Ma dopo l’impatto, sento gia’ i primi benefici: il naso mi si schiude, stimolato dalla frescura di un’aria fine, dai profumi dell’eucalipto e di piante tropicali, il gusto si ravviva alle squisitezze e naturalezze del cibo, (injera, ortaggi, legumi e verdure naturali della terra di qui, banane, mango, persino tamarindo raccolte dalle piante), il respiro inizia a farsi profondo, gli occhi si sgranano, dilatati dalla luminescenza di nitidi raggi di sole, dalla limpidezza di un cielo terso, dall’intensita’ di un verde che, nonostante la crescente urbanizzazione di Addis Abeba, continua a dominare l’orizzonte terreno, e ritrovo sensazioni di profondo benessere che dall’ultima volta in cui ho camminato su queste terre, non avvertivo.

Come se nel  tempo passato lontano da qui, il mio respiro si fosse inceppato nell’affanno quotidiano, come se il mio naso si fosse chiuso all’aria inquinata padana, come se il mio pensiero si fosse indebolito alle baruffe italiane, come se la mia speranza si fosse affievolita’ alla cupezza italiana ed ai peggiori mali che colpiscono l’uomo: l’indifferenza, il nichilismo, lo sconforto.

Qui, ora, sto’ ritrovandolo quel respiro, lo sento di nuovo profondo, fermo, rasserenato, e sento i miei pensieri piu’ lucidi, piu’ chiari.

E la speranza, e l’uomo, mi  rinvigoriscono.

Dopodomani mi attende un altro viaggio (con bus di linea) verso l’Africa, quella  profonda, selvaggia, primordiale.

Ad attendermi una terra, ed una comunita’, al cui destino, oramai, sono interessato!

Vi lascio con questo “pensiero” che mi e’ “scattato” durante il volo, proprio sull'esodo "epocale" dei migranti africani verso l'Europa (quella del Nord...) e sulla Luna compagna di viaggio.

 

Luna,

sublime all'uomo in pace,

funesta a quello inquieto,

il tuo bagliore illumina terre lontane,

e sabbie insanguinate.

La tua luce irradia il pianto del mare.

Che bellezza protendi!

Eppur sul tuo viso s'e' riposto l'ultimo sguardo dell'assetato,

l'ultimo batter di ciglio del carcerato e del clandestino,

che tentava di scampar ad un destino,

in terra avverso,

in mar meschino.

Il tuo bianco ed illibato candor,

stride con il terreno dolor.

Non senti le grida del naufrago?

E neppure quelle della mamma e del bimbo,

stretti in quell'eterno abbraccio nell'abisso?

Dunque non hai orecchie,

la coscienza non ti parla,

la pieta' non ti appartiene.

Ma appartiene forse all'uomo accanto a me?

Del suo sguardo non ti degna,

e di guardar sotto a quel mar disdegna,

si stravacca alla calda coperta

si prepara la crema solare per la tintarella che dovra’ mostrare,

al ritorno dal villaggio al mare.

Ma e’ un altro mare,

quello sotto i suoi piedi lo ignora,

lo sorvola,

lo scarta;

No, la’ sotto non guarda,

non guarda verso quegli abissi che gridan giustizia,

non guarda verso quel  deserto che ingoia ragazzini imbrogliati e denudati,

in fuga da vite di poveri e carcerati.

Sappi uomo: quella madre e quel bimbo,

e quel carcerato,

ora stanno  in pace!

Ma dimmi: dove sara’ la tua, di pace?

Luna,

compagna di avventura,

sveli la tua bellezza a chi ha il coraggio di guardar giu',

verso quel mare che indichi da lassu',

sveli la tua bellezza riflessa negli occhi di un bimbo,

che nasce in baracche di lamiera.

Risplendi nell'eternita' di un pensiero,

ed in questo infinito mistero,

sei pane spezzato per davvero!

 

Giuseppe Luca

L'Etiopia dall'aereo

Giuseppe da
Addis Abeba (Etiopia)



Appunti di missione - 1

Partenza


 

E’ un richiamo continuo quello dell'Africa.

Un richiamo costante, che si allenta, poi si acuisce, poi si attenua, eppoi di nuovo si inasprisce.

Un richiamo che diventa quasi una tentazione, nelle giornate invernali padane, di umidita’, e di scarsa luminosita’.

Un richiamo che diventa quasi un fardello, nelle giornate in cui pare che l’ambiente ti impregni e ti imprigioni nel nichilismo e nella sfiducia, che paiono imperversare nell’Italia odierna, avvinghiata in una morsa di avvilimento politico e sociale, di regressione culturale, con la solita cronaca, tra corruzioni e voyeurismi di nera e di gossip.

Mentirei se dicessi che non ho paura dell’Africa, e non tanto per i rischi piu’ o meno concreti durante il periodo di missione, quanto perche’ il rischio e’ di rimanere un po' incompresi, sia qui che la', appesi e schiacciati tra quel mondo, “un altro mondo”, e  questo mondo.

Da domani, a Dio piacendo, saro’ in quell’altro mondo, a convivere con un clima meteorologico totalmente differente, molto piu’ forte e naturale, forse piu' sano, a condividere un comune destino con la comunita' in cui saro' ospite, in un ambiente duro, dove l’uomo e’ ricondotto, dalla natura, ad un ruolo quasi marginale, se non per le vicende umane.

Gia’, perche’ l’Africa e’ soprattutto questo, vicende umane: relazioni, vita, morte, dolore, gioia, e tanta ed incondizionata speranza.

Che straordinario dono poter vivere con loro, tentando l'inculturazione; che straordinaria opportunita': uscire e cambiare punto di vista!

Ricordo la mia prima esperienza, un po’ di anni fa’, ricordo lo shock dei primi giorni in Etiopia, in un’orfanotrofio di bimbi sieropositivi dov’ero volontario: nonostante le diverse faticose esperienze precedenti, tra medio oriente ed Americhe, non immaginavo, non potevo, non avevo ( e non ho ) categorie mentali adatte per riconoscere un’ambiente di poverta’ cosi’ estrema, infame, orribile.

Di fronte a quel contesto, mi chiesi “che sei venuto a fare qui?, cosa te ne fai dei tuoi begli ideali, dei tuoi bei schemi politici dinanzi a questa realta’?”.

Quelle domande mi frantumarono.

Ne uscii.

Ne uscii ascoltandomi, ricostruendomi, ricollocandomi, ricollocando le mie fragilita’ di uomo, le mie incapacita’, le mie impotenze, ne uscii con la preghiera e con la certezza che c’e un mistero grandioso, che ci sono delle forze che non governiamo.

La cosa che mi fece piu’ male arrivo pero’ dopo, al rientro da quella prima esperienza missionaria in Africa: a Milano, rientrato da qualche giorno - ancora completamente immerso nella dura realta’ dell’orfanotrofio per bimbi affetti da hiv, una realta’ soprattutto di gioia, di amore, di condivisione, di fede - seduto al tavolo di un bar elegante, osservavo un’umanita’ curata esteriormente, ma imbronciata, forse sofferente, nell’anima, si capiva.

Quella scena equivalse ad un pugno inaspettato al mio stomaco: “ma come! arrivo da un’esperienza in uno dei paesi piu’ poveri al Mondo, dove manca tutto, eppure quanta gioia, voglia di vivere, fiducia, speranza, ho scorto in quei bambini, in quelle donne, in quegl’uomini, ed invece qui, qui nella ricca Milano vedo intorno a me visi scoraggiati, di cattivo umore, stizziti, ma com’e’ possibile?”.

La speranza: le mie esperienze africane mi hanno impregnato di speranza, una speranza che pare scarseggiare qui in Europa.

Ma cos’e’ la speranza?

Riportero’ le parole di  Francesco, un pontefice che sento profondamente ed autenticamente Padre: “per avvicinarci un po’ possiamo dire per prima cosa che è un rischio. La speranza è una virtù rischiosa, una virtù, come dice san Paolo, un’ardente aspettativa. Non è un’illusione.

I primi cristiani la dipingevano come un’ancora. La speranza era un’ancora; un’ancora fissata nella riva dell’aldilà. La nostra vita è come camminare sulla corda verso quell’ancora.

Ma dove siamo ancorati noi? Siamo ancorati proprio là, sulla riva di quell’oceano tanto lontano o siamo ancorati in una laguna artificiale che abbiamo fatto noi, con le nostre regole?

Siamo ancorati là dove tutto è comodo e sicuro? Questa non è la speranza.

«quando una donna è incinta, è donna, ma è come se si trasformasse quando diventa mamma.
E la speranza è qualcosa di simile: cambia il nostro atteggiamento.
Per questo chiediamo la grazia di essere uomini e donne di speranza».

A sentirci presto.

Giuseppe Luca

Giuseppe in Etiopia

 


Ringraziamenti da parte di

frate Berhanu Ayele



Riceviamo e pubblichiamo la e-mail di ringraziamento ricevuta da frate Berhanu Ayele, dalla missione di Jinka - South Omo (Etiopia).

 

Da: Berhanu Ayele

Data:2014/07/19 10:49 (GMT+01:00)

A: Segreteria Il Seme della Speranza

Oggetto: Thanks

Dears,

Before of all I would like to give you my best greatings from Jinka. yesterday after having your E mail,I have met the main office of our Soddo vicariate to know the arrival of money. They told me that they have got the letter from commercial bank of Ethiopia which announces the arrival of 4000 Euro  and the bank will charge the tax and the remaining amount is 3953.00 Euro which is equivalent to 105,526.13 Ethiopian birr.

we thank you for your kind donation to up grade our kindergarten. I will inform you everything attaching the photos of work.

may God bless you all.

Fr. Berhanu Ayele

Jinka - South Omo - Ethiopia

- - - - - - - - - - - - - - - TRADUZIONE - - - - - - - - - - - - - - -

Carissimi,

Prima di tutto vorrei porgervi i miei migliori saluti da Jinka. Ieri dopo aver ricevuto la vostra e-mail ho chiesto informazioni  al nostro Vicariato di Soddo circa l’ arrivo del denaro. Mi hanno detto che hanno ricevuto una lettera dalla Banca Commerciale dell’ Etiopia la quale riferisce dell’ arrivo di 4000 Euro lordi (3953 euro al netto delle tasse). Tale importo è pari a 105.526,13 Birr Etiopi.

Vi ringraziamo per il vostro contributo al rinnovo e alla crescita del nostro asilo. Vi terrò costantemente informati, inviandovi anche le foto dei lavori.

Possa Dio benedirvi tutti.

Fr. Berhanu Ayele

Jinka - South Omo - Ethiopia

 


Notizie da

Mons. Thomas Osman - Barentù (Eritrea)

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di ringraziamento di Mons. Thomas Osman dalla diocesi di Barentù (Eritrea), per il sostegno al progetto di realizzazione del "Padiglione Maternità" presso l'Health Center di Mogolò.

Ringraziamenti da Mons. Thomas Osman

Se vuoi saperne di più sul progetto di realizzazione del Padiglione Maternità presso l'Health Center di Mogolò, leggi qui

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