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NOTIZIE dall'AFRICA

Santo Natale 2015

Auguri e notizie da Lina e Antonio - Soddo (Etiopia)

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di auguri e notizie ricevuta da Lina e Antonio, da quattordici anni volontari in Etiopia.

Auguri e notizie da Lina e Antonio Auguri e notizie da Lina e Antonio

 

Giuseppe in Etiopia

Giuseppe dall'Etiopia - 16 Maggio 2015

Appunti di missione

Abba Dino non è solo


 

La fede, non solo guarda a Gesù, ma guarda dal punto di vista di Gesù, con i suoi occhi: è una partecipazione al suo modo di vedere.

Queste le parole di Papa Francesco, gli  occhi invece, vispi, potrebbero benissimo essere quelli di Padre Dino Viviani.

Si, perché Abba Dino, salesiano, é l'ideatore, il fondatore, il realizzatore, del Bosco Children, uno dei più grandi progetti in tutta l'Africa per il recupero dei bambini di strada (ad Addis Abeba).

Un uomo di Dio, un giusto, un uomo che il male l'ha visto da vicinissimo, attraverso gli occhi, assenti e stralunati, di bimbi strafatti di khat (un tipo di droga locale) che il male l'ha toccato, attraverso le piaghe di sigarette, le ferite di lame, con cui i carcerieri torturano e seviziano i corpi dei bimbi, che il male l'ha combattuto, e trattenuto: per proteggerci, perché, comunque, Padre Dino sa che il bene, alla fine della storia umana, di tutte le vicende, ha già vinto, e poco importa che siano pochi - rispetto ad un oceano di bisogno, in un contesto in cui, nella sola capitale etiope, sono più di un centinaio di migliaia - i bambini di strada che e' riuscito a recuperare in modo definitivo.

il Don Bosco Children accoglie oggi più di un centinaio di ex ragazzi di strada.

Il percorso di recupero inizia con degli incontri per strada, dove volontari preparati, provano ad entrare in fiducia dei ragazzi, e solo dopo qualche altra settimana (metà molla quasi subito) di incontri nelle strade polverose di Addis Abeba, quelli che non mollano, vengono ospitati giorno e notte nella struttura salesiana, dove i ragazzi recuperano la loro vita dopo un lungo e difficile percorso.

All’interno del centro vi sono laboratori dediti alla produzione di oggetti e complementi d’arredo di legno, di bambù e di cuoio, dove i ragazzi imparano un mestiere, seguiti da personale preparato, scuole ed oratorio.

Certo, recuperare un bambino di strada é impresa ardua, tanto quanto recuperare un bambino soldato.

Ho provato ad immaginare cosa possa provare un bimbo di strada in Africa: terrore, paura, perdita di sembianze umane, sentirsi come un animale braccato, senza via di scampo.

Ma investire, con il noto metodo salesiano della ‘pastorale del cortile’, con gli oratori, la formazione scolastica, la formazione professionale, specie sui bambini, é dare corpo alla speranza, rendere carne il Vangelo, rendere il Mondo meno deprecabile, rendere e l’umanità più giusta, più tenera.

Abba Dino non tradisce le sue origini montagnine (é nato ad Isolaccia, in alta Valtellina), dirigendo la missione salesiana (attualmente quella di Zuai, 200 km a sud di Addis Abeba, nella Rift Valley) con una tempra fuori dal comune, con l’energia ed il vigore di un comandante militare, con la pazienza e l’amorevolezza di un padre, con la fine intelligenza di un educatore, che sa sempre, a qualsiasi ora del giorno e della notte, quali buoni consigli dispensare, quali utili ordini impartire.

Nulla é stato facile al Bosco Children di Addis Abeba (il nuovo direttore ora é un sacerdote etiope, segno, questo, che ben fa sperare nel futuro del paese del Corno D’Africa, e nel futuro della Chiesa Universale, con il suo baricentro sempre più spostato nelle periferie del Mondo), nulla é facile nella missione di Zuai.

Oltretutto Abba Dino, ovviamente, non se ne sta mai con le mani in mano, anche quando potrebbe concedersi qualche pausa: oltre alle tante attività all’interno della missione (scuola primaria e secondaria con molte centinaia di alunni, libreria, oratorio con campi da basket, calcio, persino tennis), due volte a settimana, con il supporto di educatori e volontari, il sacerdote si reca in una zona impervia ed arida, a decine di chilometri di distanza da Zuai, dove coinvolge, in attività educative e ricreative, i giovani di una comunità mista, composta per una consistente parte, da mussulmani.

Una comunità poverissima, in un contesto, quello etiope, già colpito da gravi ed endemiche povertà.

Mi sono chiesto come un uomo come lui, seppur sacerdote missionario, possa reggere a tutto quello che ha visto in questi anni al fronte, a combattere violenze, degrado, povertà economiche, povertà umane, a combattere le tenebre.

Ho letto il Vangelo, ripensando ad Abba Dino, alla sua andatura veloce, decisa, guidata, ai suoi passi lievi, che sono carne, che sono prosecuzione stessa del Vangelo.

Non e' solo Abba Dino, per questo regge, e lui lo sà!

Giuseppe Luca

Giuseppe in Etiopia

Giuseppe dall'Etiopia - 8 Maggio 2015

Appunti di missione

Rose (Spinose) d'Africa


 

L' Etiopia, in pochi anni, é diventata la nuova frontiera della produzione di fiori, una frontiera comoda e remunerativa per le grandi multinazionali del settore, quantomeno controversa per l'ambiente naturale circostante le chilometriche serre, e per quelle decine di migliaia di dipendenti etiopi, soprattutto donne, che lavorano nella produzione.

Se in un supermercato occidentale, anche italiano, state adocchiando delle rose da comprare, per farvi un regalo, da regalare per un anniversario, o per dichiararvi alla vostra innamorata, può essere che vi stiate imbattendo in fiori prodotti nel paese del Corno d'Africa.

A Zway (in italiano Zuai), piccolo centro 200 km a sud di Addis Abeba, nelle vicinanze della strada panafricana che dalla capitale etiope conduce a Nairobi, capitale del kenya, sorge la più grande produzione di rose in Etiopia, quella dell' olandese Sher.

Tanto per darvi un'idea: Zway ha una popolazione di circa 40 mila persone, la Sher impiega, in questo stabilimento, quasi 15 mila persone, quasi tutte donne, quindi, a stima, é come se quasi tutte le abitanti della cittadina etiope, fossero impiegate nelle serre chilometriche che si affacciano sull'omonimo lago, conosciuto per essere l'habitat di numerose specie, anche rarissime, di uccelli, e perché, secondo la tradizione, nell'antichissimo monastero copto, che sorge sulla cima dell'isola, nel mezzo alle acque del lago, sarebbe stata custodita, per sette anni, prima di essere nuovamente riportata ad Aksum, l'arca dell'Alleanza.

Una frontiera, quella della produzione di rose in Etiopia, che segue, non solo geograficamente, a quella ormai superata, perché scomoda e sconveniente economicamente, del Kenya, dove già nei primi anni del duemila, alcune organizzazioni ambientaliste lanciarono l’allarme per l’uso incontrollato dei pesticidi, e dove la giustizia condannò per sfruttamento diverse multinazionali.

Dunque dal Kenya ci fù, già una decina di anni fa, un esodo verso l'Etiopia, le ragioni principali: costi di produzione più bassi (anche perché in sole tre ore di spostamento con enormi tir, si trasportano i carichi verso l'hub principale d'Africa, l'aeroporto Bole di Addis Abeba, dove successivamente le rose vengono caricate sui cargo direzione Amsterdam, centro mondiale di smistamento dei fiori recisi, dove i grandi distributori acquistano per poi riesportare nel resto del mondo), e manodopera locale ancor più a buon mercato, quasi tutta femminile, dai diciassette anni in su.

Nessuna indossa guanti o grembiuli da lavoro, nemmeno l’ombra di mascherine per difendersi dai pesticidi, temperatura, nelle serre, che si aggira tranquillamente sui 40 gradi, un salario per i dipendenti della Sher di Zway, mediamente di 800 birr mensili (meno di 40 euro).

All'interno di questa immensa sede, la multinazionale ha costruito un ospedale, un asilo ed una scuola per i figli delle dipendenti, che però si ammalano con sempre più frequenza, e sempre più sono i casi di aborti spontanei.

Questa coltivazione intensiva di rose, richiede grandi quantità d'acqua, che viene prelevata ed infine sversata, al termine della filiera, nel lago adiacente lo stabilimento, dove, peraltro, i locali portano il bestiame ad abbeverarsi.

Acqua che entra pulita e fuoriesce inquinata: probabilmente di prodotti chimici e pesticidi, gli stessi che pare compromettano la salute delle dipendenti di questa produzione.

Ma il business, spinoso, delle rose d'Etiopia, pare ormai inarrestabile, per gli incentivi che il governo di Addis Abeba, in piena frenesia di crescita (il pil etiope cresce da quasi un quinquennio mediamente del 10% annuo), elargisce alle multinazionali che investono (per i primi cinque anni di attività non pagano alcuna tassa, l’importazione dei macchinari e delle infrastrutture avviene senza spese doganali, l’affitto mensile della terra costa poco) e per l'enorme bisogno di lavoro che vi é in questo paese, fino a pochi anni fa uno dei più poveri in assoluto del Mondo.

L'unica voce di denuncia, rispetto a queste evidenti situazioni di sfruttamento, rimane quella dei missionari cattolici presenti sul campo.

Giuseppe Luca

Giuseppe in Etiopia

Giuseppe dall'Etiopia - 30 Aprile 2015

Appunti di missione

Abba Dino Viviani,
che ci protegge dal male


Da due settimane sono ospite di Padre Dino Viviani, nella missione di Zway; Abba Dino per gli amici, ora anche x il sottoscritto, che se ne fa' un grande onore di poter dar del tu ad un gigante come lui: complice l'essenzialità delle stimolanti conversazioni, forse il tempo condiviso in missione, che seppur breve, é sempre tempo di grazia perché salda in profondità i rapporti umani, o forse più semplicemente le comuni radici in una terra di montagna, (che é maestra di vita e di rudezza), a generare ed infondere una naturale simpatia reciproca.

Succede di entrare in simpatia od antipatia di altre persone, si dirà: ma entrare nelle simpatie dei giganti... beh non succede tutti i giorni direi io.

Si, perché Abba Dino, salesiano, é l'ideatore, il fondatore, il realizzatore (e non basterebbero 10 file di "il" a descriverlo) del Bosco Children, uno dei più grandi progetti in tutta l'Africa per il recupero dei bambini di strada (ad Addis Abeba).

Un uomo di Dio, un giusto, un uomo che il male l'ha visto da vicinissimo, attraverso gli occhi assenti e stralunati di bimbi strafatti di colla, che il male l'ha toccato, attraverso le piaghe di sigarette, le ferite da lame, con cui i carcerieri torturano e seviziano i corpi dei bimbi, che il male l'ha combattuto, e trattenuto: per proteggerci, perché, comunque, Padre Dino sa che il bene, alla fine della storia umana, di tutte le storie, ha già vinto, e poco importa che siano pochi, purtroppo troppo pochi, i bambini di strada che é riuscito a recuperare in modo definitivo.

Ieri notte ho provato ad immaginare cosa può provare un bimbo di strada in Africa: terrore, paura, perdita di sembianze umane, sentirsi come un animale braccato, senza via di scampo.

Mi sono chiesto come un uomo come lui, seppur sacerdote missionario, possa reggere a tutto quello che ha visto in questi anni al fronte, a combattere le tenebre.

Ho letto il Vangelo, ripensando ad Abba Dino, alla sua andatura veloce, decisa e guidata, ai suoi passi lievi, che sono carne, che sono prosecuzione stessa del Vangelo.

Non é solo Abba Dino... ecco perché regge... eccome se regge!

Giuseppe Luca

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