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Il più grande spettacolo dopo il big bang





Il più grande spettacolo

dopo il big bang... siamo noi





Amo l’Italia. Ritornando dai viaggi all’estero penso sempre con sollievo alla gioia di vivere nel Paese più bello del mondo.

Ma devo dire che la perenne adolescenza nella quale ci stiamo dibattendo è ormai tracimata ed è diventata insopportabile.
Un popolo guidato purtroppo da caciaroni inconcludenti.
Un popolo che non riesce ad uscire dal pantano in cui si è ficcato volontariamente.
Frutto del carattere lassista e “alla spera in Dio” che ci hanno tramandato i dediti alla “dolce vita”.

Ebbene non è così!

Rivendico lo spirito di sacrificio, l’operosità, il genio e l’ingegno, la bellezza, la capacità di risorgere dalle sfortune e dalle disgrazie.

Rivendico l’orgoglio con il quale sappiamo raddrizzare la schiena dopo le catastrofi naturali o prodotte dall’uomo.

Rivendico l’accoglienza. Si l’accoglienza che con pochi mezzi, a volte senza altro aiuto che la buona volontà, sappiamo ancora dare a tutta quell’umanità disperata che si affaccia al nostro Paese.

Mi indigno per l’inettitudine di chi dovrebbe decidere e non decide.
Di chi falsa le notizie sulla stampa e alla Tv, di chi cerca sempre di sminuire i valori, di chi potrebbe aiutare e non lo fa lasciando ai più poveri l’iniziativa e il peso di aiutare altri più poveri.

Mi indigno di fronte all’indifferenza, al pressapochismo, al lasciare sempre agli altri ogni iniziativa.

Credo nella bontà, nell’intelligenza, nella generosità di un popolo ha la volontà di risorgere, che è capace di rimboccarsi le maniche, di chi non si arrende, di chi non affida ad una depressione cronica la non voglia di fare.

Credo che dobbiamo tutti insieme recuperare la Fede, quella con la F maiuscola, senza pietismi nè sdolcinature.

Perché siamo uomini e come tali dobbiamo comportarci e abbiamo responsabilità di fronte ai nostri simili.

Anche e soprattutto noi Italiani, avamposto della disperazione di tanti fratelli, ai quali si negano tutti i diritti, compreso quello alla vita.

Tocca a noi tutti: non c’è un unico responsabile, non c’è qualcuno a cui delegare, non c’è nessuno che può fare al posto nostro.

Tocca a noi.

Dalla parte dei figli. Sempre




Dalla parte dei figli. Sempre.





Titolo bellissimo e ricco di significato. L’Avvenire del 15 settembre invitava a riflettere sul tema della famiglia.

Se ne parla, riparla e straparla: la famiglia è la base di tutto e poi non ci si mette più di un “amen” a divorziare, a separarsi.

I figli sono la nostra ragione di vita ma quando pensiamo di “rifarci” una vita accanto ad un’altra persona non ci mettiamo niente a scavalcare i diritti di queste creature che abbiamo messo al mondo.

Si sa: da che mondo è mondo il peso maggiore della cura dei figli è sulle spalle della donna. Le donne hanno una forza immensa perché il senso del sacrificio e della dedizione è nel loro DNA.

Vediamo di non approfittarne, signori uomini. Ricordate sempre che avete contribuito a scavare quelle rughe sul viso della vostra compagna, giorno per giorno.

E che dire della forza d’amare dei nonni? Rimettersi in gioco quando si potrebbe avere tutto il tempo per dedicarsi ai propri hobby, ai propri piccoli o grandi egoismi, o anche a progetti importanti... magari dopo una vita di sacrifici.

Anche qui lo stare dalla parte dei figli è fondamentale. Senza invadenze ma con una presenza costante e rassicurante, per aiutare a portare i fardelli dei piccoli, della casa, del lavoro. Dare una mano alle giovani coppie per cementare il loro rapporto, in serenità.

Anche questo è solo un atto d’amore, nient’altro che questo.

Leggo su Avvenire: “siamo al paradosso che i vescovi devono spiegare ai laici il valore civile della famiglia”.

Perché anche noi cristiani siamo disorientati dal caos mediatico, dalle proposte inaccettabili, a volte, propinate come soluzioni civili.

Ci si chiede: “che mondo lasceremo ai nostri figli” ma anche “che figli lasceremo a questo mondo?”.

Da qui tutte le riflessioni possibili sul nostro modo personale di intendere la bella esperienza quotidiana della famiglia. I tanti giorni qualunque che compongono la nostra vita. Tanti giorni da non sprecare ma da donare ricordando che comunque è nostro dovere stare dalla parte dei figli. Sempre.

                                                                                                                                                                          Gabriella

Blog porgi l'altra guancia


Il coraggio di porgere

l'altra guancia

ci fà grandi, non codardi



Durante una delle tante omelie, Papa Francesco, ha commentato le parole del Vangelo, quel “porgi l’altra guancia” ormai così poco di moda che è poi il significato assoluto del cristianesimo.

Quando qualcuno ti percuote una guancia e ti fa male, tu invece di rispondergli con un pugno devi porgergli l’altra, ha ricordato. Aggiungendo poi, moderno come solo un grande conoscitore dei tempi può essere, che certo è questo l’atteggiamento che più mette in ridicolo i credenti, “un classico per ridere dei cristiani”.

Abitiamo in un mondo dove “la logica normale ci insegna che dobbiamo lottare per difenderci e per difendere il nostro posto”, ha detto il Papa. Se prendiamo un pugno, ne ridiamo due. Ma la vera grandezza dell’uomo sta nel mostrarsi mite e generoso con gli altri, scevro da vendette e piccolezze miserabili. Chi porge l’altra guancia conosce la vera dignità, è superiore in tutto a chi lo colpisce. Non è codardo, è nel giusto.

Accidenti. Chi di noi, in una società molto infestata da squali, ladri e violenti lo fa davvero ancora?

Chi non si sentirebbe stupido quando, assalito da violenze o ingiustizie di qualunque tipo, non si ribellasse ma restasse impassibile?

Ci vuole coraggio, dico io, ci vogliono sapienza e grande umiltà. E ci vuole saggezza anche a ricordare, come ha fatto Francesco, che i bambini non si possono percuotere mai, nemmeno un buffetto sulla guancia, appunto, nemmeno uno scappellotto. “La guancia è dignità”, ha spiegato, “e qualunque forma di repressione è una deformazione dell’autorità". Quando il papà o il maestro devono dire “sono io quello che comanda”, è perché hanno già perso l’autorità.

Ho conosciuto diversi uomini dal grande potere che si fanno rispettare a suon di urla e minacce. Sono uomini piccolissimi, in verità, consci a tal punto della loro bassezza morale che si metterebbero in piedi su una seggiola pur di far sentire più lontano i loro strali. Uomini pavidi, impauriti dal mondo, incapaci di governare non soltanto navi, ma anche solo gommoni o zattere.

Le parole di Francesco ci riportano alle nostre reali proporzioni umane: abbiamo bisogno degli altri per essere uomini e donne.

Da soli, sul nostro trono immaginario, siamo nessuno.

(tratto da "La pagina del direttore" - Gente)

Blog noccioline




Due milioni di bambini africani

salvati da una pasta di noccioline



L’arma più potente contro la malnutrizione dei bambini è una pasta alle noccioline chiamata Plumpy Nut e ideata da un pediatra francese nel 2005.

La sostanza salva la vita a due milioni di bambini ogni anno e ora potrebbe essere usata per prevenire i casi di denutrizione soprattutto perché viene prodotta negli stessi paesi africani colpiti dalla mancanza di cibo con conseguente risparmio di tempo e denaro.

Un’invenzione pari a quella della penicillina, secondo alcuni, che ha la sua forza nella semplicità della somministrazione: non serve un dottore, né un ospedale, nemmeno un frigorifero. I bambini possono mangiare la pasta di noccioline a casa senza bisogno che sia cucinata nè allungata con l’acqua.

Il prodotto una volta aperto non va a male. Gli ingredienti sono quelli base: latte in polvere, grassi vegetali, zucchero, vitamine e minerali.

La malnutrizione uccide un milione di bambini all’anno, 20 milioni quelli colpiti.

L’Unicef sta incoraggiando i Paesi africani a produrre il nutrimento in loco. Da quando è sul mercato molte morti sono state evitate. Oggi sono diciannove i produttori di Plumpy Nut, tra cui il Sudan, Haiti e il Burkina Faso. Alcuni lavorano in franchising con la compagnia francese Nutriset, altri invece confezionano una versione generica del prodotto.

In Niger l’unica fabbrica esistente, aperta tre anni fa, quest’anno produrrà abbastanza pasta per trattare trecentomila casi di malnutrizione: “Produrre in loco è fondamentale - dice all’Independent Ismael Barmou vicedirettore esecutivo della sede - se dovessimo importare Plumpy Nut perderemmo tre mesi di tempo. Noi dobbiamo pensare a fare in fretta. La pasta è incredibile, porta il bambino alla curva positiva in un attimo”.

Nel 2005 quando fu lanciata la pasta di noccioline venne data a sessantamila bambini colpiti dalla fame in Niger, il 90% guarì completamente. L’Oms diede la sua approvazione due anni dopo. Oggi la speranza è di darla ai piccoli prima che si ammalino.

(dal Corriere della sera del 25 agosto 2013)

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