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Storia di un'italiana


Storia di un'italiana
                    di Massimo Gramellini 




Nadira è nata in Algeria da madre turca e padre mezzo tedesco e mezzo berbero. Quando le chiedono di che razza è, risponde: umana.

Suo padre, Rachid Haraigue, ha combattuto il colonialismo francese e poi l’integralismo islamico, da presidente della Federcalcio algerina aprì alle donne gli stadi, ma soprattutto gli studi: chiamava la cultura «il passaporto delle algerine per il viaggio verso la libertà». 

Si è preso tre pallottole nel cuore, alle otto di un mattino di gennaio.

Ma prima era riuscito a far prendere a Nadira quel famoso passaporto. La laurea, il concorso, la borsa di studio per un master dell’Eni a Milano. Nadira ci è arrivata senza un soldo e senza sapere una parola della nostra lingua: la studiava di notte, cenando con lo yogurt risparmiato alla mensa di mezzogiorno.

Si è piazzata fra i primi dieci, è stata assunta e si è innamorata di uno degli altri nove. Oggi ha una famiglia e una identità italiane. A tre anni suo figlio sapeva già l’inno di Mameli a memoria e ovviamente glielo aveva insegnato lei, che per l’Italia nutre la passione cieca e assoluta degli amori conquistati con fatica.

Ogni volta che c’è un attentato, come quello al carabiniere di Palazzo Chigi, le si risveglia dentro qualcosa di tagliente e pensa al padre, a Falcone e a Borsellino: i suoi eroi. 

Il bambino di Nadira ha mille sfumature nel sangue, una più di lei, che nella lettera più patriottica che abbia mai ricevuto scrive: «Credo in un Paese dove neri, omosessuali, atei, cristiani, musulmani ed ebrei possano vivere senza essere insultati. Dove una donna nata in Congo possa diventare ministra senza essere insultata».

Incontri





Incontri






Nei nostri giri a caccia di oggetti e idee ci capita di fare svariati incontri.

E’ facile farsi nuovi amici quando proponiamo i nostri progetti!

Ultimamente abbiamo conosciuto Jenny, una simpaticissima e vivacissima equadoreña che ci aiuta nella realizzazione della linea dei nostri bijoux di tagua.

La tagua, anche chiamato avorio vegetale, è il nocciolo di un frutto prodotto da una pianta che prospera nella foresta pluviale del Sud America.

Jenny fa la spola fra Equador e Amazzonia per procurare le materie prime che servono al confezionamento di colorati e allegri accessori: collane, bracciali, orecchini, porta chiavi… li potrete trovare sui banchi dei nostri stand. Sono oggettini molto gradevoli e pratici da indossare. Infatti riscuotono sempre un grande successo fra le nostre amiche.

Jenny ci ha confessato orgogliosa che, durante una festa culturale multietnica si è incontrata con il nostro ministro dell’Integrazione signora Kyenge.

Riportiamo qualche foto significativa dell’incontro e auguriamo tanta fortuna a Jenny!

Jenny sei una forza!!!! Benvenuta tra di noi!!!!!!

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Missionari = Inviati





La Festa annuale dei Cappuccini a Noviglio, arrivata ormai alla 16esima edizione, anche quest’anno si è svolta in serenità e fraternità.

Da segnalare una novità: lo stand dedicato all’Africa, organizzato con perizia e cuore dai volontari che hanno saputo trasportare in un recinto colorato e animato le tradizioni e i sentimenti dell’Africa. Un applauso alla bravura di tutti i ragazzi coinvolti!

La Santa Messa concelebrata da un folto gruppo di Missionari e presieduta da fra Raffaello Della Torre, Consigliere del Ministro generale dei Cappuccini, è stata particolarmente toccante.

Cinquantadue gli inviati in Missione, fra cui la nostra Susanna.

Oltre al momento emozionante della consegna del Tau è sempre motivo di festa la presenza di Missionari “veterani” che col loro esempio di vita ci fanno capire la bellezza del DARE gratuitamente.

Continuiamo anche noi il nostro lavoro con umiltà, secondo i loro insegnamenti.

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12 Giugno
Giornata mondiale contro il lavoro minorile




Voglio fare il bambino!




Che cosa c’è di peggio dei bambini-domestici del Kenya che non hanno il riposo settimanale? I baby cercatori d’oro chini sul fango 12 ore al giorno nelle miniere nigeriane?

Che cosa c’è di peggio dei lustrascarpe under 12 di Lima? I piccoli che si sfiancano nelle piantagioni di cacao del Ghana?

E, salendo di livello, quale è il peggio del peggio? I mini operai cinesi con ritardi mentali che sgobbano in fabbrica (i disabili sono molto richiesti perché lavorano ore e ore senza lamentarsi) o i bimbi soldato? Gli adolescenti che si prostituiscono in Thailandia, o quelli che spacciano droga nei paesi di camorra e rischiano la vita nelle sparatorie?

215 milioni i bambini che lavorano nel mondo.

Di questi:

15,5 milioni sono impegnati nel lavoro domestico.

115 milioni sono esposti a forme di lavoro pericolose (guerre, contatto con sostanze tossiche, carichi pesanti).

5 milioni sono sottoposti a lavori forzati.

1 su 5 i piccoli lavoratori che ricevono un salario.

Fonte di questa statistica ILO International Labour Organization (dal settimanale “Grazia” n. 24 del 13.6.2013)

"Tutti i bambini devono poter giocare, studiare, pregare e crescere, nelle proprie famiglie, e questo in un contesto armonico, di amore e di serenità.
È un loro diritto e un nostro dovere.
Tanta gente invece di farli giocare li fa schiavi: è una piaga questa.
Una fanciullezza serena permette ai bambini di guardare con fiducia verso la vita e il domani.
Guai a chi soffoca in loro lo slancio gioioso della speranza!"

(Papa Francesco)

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Non abbiate paura della solidarietà





Nella chiesa ma anche nella società, una parola chiave di cui non dobbiamo avere paura è "SOLIDARIETA".

Papà Francesco lo sottolinea, nell’omelia per la celebrazione del Corpus Domini, esortando a “saper mettere a disposizione di Dio quello che abbiamo, le nostre umili capacità, perché solo nella condivisione e nel dono la nostra vita sarà feconda e porterà frutto”.

Purtroppo, osserva il Papa, “solidarietà è una parola malvista dallo spirito mondano”.

Papa Francesco spiega che “quel poco che abbiamo, quel poco che siamo, se condiviso, diventa ricchezza” in quanto “la potenza di Dio, che è quella dell’amore, scende nella nostra povertà per trasformarla” e indica tre parole: "sequela", "comunione" e "condivisione".

Ci invita a pregare perché la partecipazione all’Eucarestia ci provochi sempre: a seguire il Signore ogni giorno, ad essere strumenti di comunione e a condividere con Lui e con il nostro prossimo quello che siamo.

Riferendosi specificatamente alla solennità del Corpus Domini, il Papa spiega che “questa sera ancora una volta, il Signore distribuisce per noi il pane che è il suo Corpo, si fa dono. E anche noi sperimentiamo la solidarietà di Dio con l’uomo"; una solidarietà – ricorda – "che mai si esaurisce, una solidarietà che non finisce di stupirci, si fa cibo: il vero cibo che sostiene la nostra vita, anche nei momenti in cui la strada si fa dura e gli ostacoli rallentano i nostri passi".

Grazie Papa Francesco per ricordarci continuamente che il povero:

“non è un fardello, ma mio fratello”

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